Volontariato

Il fantasma disoccupazione

È uomo, tra i 35 e i 54 anni, residente nel Centro-Nord. È l'identikit del nuovo disoccupato tracciato dal rapporto annuale Istat. Che lancia anche l'allarme famiglia

di Redazione

«Dopo circa dieci anni di diminuzione, la disoccupazione nel 2008 torna a crescere (186 mila unita’ in piu’ rispetto al 2007), coinvolgendo in misura maggiore gli uomini. Il fenomeno interessa in particolare il Centro e il Nord-ovest, anche se il Mezzogiorno si conferma l’area con la maggiore concentrazione di disoccupati».

È l’impietosa fotografia scattata dall’Istat nel Rapporto annuale sulla situazione del Paese nel 2008, presentato alla Camera. «La disoccupazione si sta progressivamente spostando verso le classi di eta’ piu’ adulte». L’identikit del nuovo disoccupato, secondo l’Istat è questo: è uomo, tra i 35 e i 54 anni, residente nel Centro-Nord, in possesso al massimo della licenza secondaria, e ha perso un lavoro alle dipendenze nell’industria.

Uno scenario, quello del mercato del lavoro alla fine dello scorso anno, fortemento segnato dalla crisi economica: per la prima volta dal 1995, la crescita degli occupati nel 2008 (183 mila unita’ in piu’ rispetto al 2007) e’ inferiore a quella dei disoccupati (186 mila in piu’). Nel 2008, la perdita dell’ultimo lavoro riguarda in prevalenza persone in eta’ adulta e in misura piu’ rilevante la componente maschile. Gli effetti della crisi, infatti, determinano una crescita dei disoccupati con precedenti esperienze lavorative, che pesano ormai per oltre il 70% del totale (dal 66% del 2006).  Il principale motivo della perdita del lavoro e’ la scadenza di un contratto a termine: si stima che a fine 2008 siano scaduti i contratti di circa 350 mila dipendenti a termine e collaboratori. La perdita del lavoro per licenziamento, tuttavia, registra nel 2008 un incremento del 32% e in due terzi dei casi riguarda gli uomini. Inoltre, interessato maggiormente e’ il lavoro dipendente, ma sono colpiti anche i lavoratori in proprio.

SOS FAMIGLIA
La crisi porta anche altre conseguenze, soprattutto sui bilanci delle famiglie. Quelle piu’ ‘vulnerabili’, in cui non e’ presente alcun occupato e almeno un componente e’ in cerca di impiego, dopo essere diminuite ininterrottamente dal 2004 scendendo fino a 464 mila nel 2007, salgono repentinamente a 531 mila nel 2008. Si riduce, inoltre, il numero delle famiglie piu’ ‘solide’, quelle con uno o piu’ occupati ‘standard’. 2008, sono 617 mila le famiglie in cui l’unico percettore di reddito e’ un dipendente part time che guadagna in media 700 euro mensili. E quasi un milione di famiglie (838 mila con un solo occupato e 127 mila con due o piu’ occupati), pari a circa 2,5 milioni di persone, ha redditi provenienti esclusivamente da occupazioni a termine o collaborazioni.

Una situazione occupazionale particolarmente critica si registra per le coppie con figli: da un lato, diminuiscono di 95 mila quelle con almeno un occupato; dall’altro, aumentano di 41 mila quelle senza occupati e con almeno un disoccupato. Ma sono soprattutto i figli, specie quelli meno istruiti, a risentire degli effetti della crisi. Il loro tasso di occupazione, pari al 42,9%, scende di sette decimi di punto rispetto al 2007. Anche per i padri, il tasso di occupazione si riduce (cinque decimi di punto in meno rispetto al 2007), arrivando all’82,7%.

Se le famiglie italiane hanno, in media, un reddito in linea con quello medio europeo, il nostro pero’ e’ uno dei paesi con la maggiore diffusione di situazioni di reddito relativamente basso: una persona su cinque e’ a rischio di vulnerabilita’ economica.  Una peculiarita’ tutta italiana e’, poi, la distribuzione disomogenea sul territorio delle situazioni di basso reddito. Il rischio di vulnerabilita’ economica a causa di un reddito insufficiente e’ particolarmente elevato nelle regioni meridionali. Nel 2007, sono esposte al rischio meno di otto persone su cento nel Nord-Est, poco piu’ di dieci nel Nord-Ovest e nel Centro e circa una su tre nel Mezzogiorno. Al Sud, infatti, rispetto al 2007, le famiglie con almeno un occupato diminuiscono di 45 mila e quelle senza occupati e con almeno un disoccupato aumentano di 32 mila. Sempre nelle regioni meridionali, 358 mila famiglie, circa un milione di persone, vivono con un solo reddito proveniente da un’occupazione a termine o da una collaborazione.

Confrontando i diversi tipi di famiglia, il rischio di vulnerabilita’ economica cresce con il numero di figli, soprattutto se minorenni e in presenza di un solo genitore. Sono circa dieci milioni le famiglie (il 41,5% del totale) che mostrano livelli inesistenti o minimi di disagio economico: si tratta di famiglie con redditi alti e medio-alti, piu’ diffuse nel Nord del Paese. E circa 8 milioni e 800 mila famiglie (il 36,3% del totale) vivono in condizioni di relativo benessere: sono prevalentemente formate da adulti e anziani a reddito medio oppure piu’ giovani, a reddito medio e medio-alto, che hanno come problema quasi esclusivo il rimborso del mutuo. Ma altri 2 milioni e mezzo di famiglie (10,4% del totale) segnalano difficolta’ economiche piu’ o meno gravi e risultano potenzialmente vulnerabili, soprattutto a causa di forti vincoli di bilancio. Spesso non riescono a fare risparmi e nella maggioranza dei casi non hanno risorse per affrontare una spesa imprevista di 700 euro. Circa 1 milione e 330 mila famiglie (5,5% del totale), poi, incontrano difficolta’ nel fronteggiare alcune spese. La maggioranza di queste famiglie si e’ trovata almeno una volta, nel corso del 2007, senza soldi per pagare le spese alimentari, mediche, per trasporti e vestiti. Infine, 1 milione e 500 mila famiglie (6,3% del totale) denunciano, oltre a seri problemi di bilancio e di spesa quotidiana, piu’ alti rischi di arretrati nel pagamento delle spese dell’affitto e delle bollette, nonche’ maggiori limitazioni nella possibilita’ di riscaldare adeguatamente la casa e nella dotazione di beni durevoli.


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