Non profit

Il fanalino di coda delle truppe occidentali

Anche l'Italia parteciperà alla guerra contro il terrorismo di Bin Laden.

di Giuseppe Frangi

Ora che l?Italia è entrata come fanalino di coda nella grande carovana della guerra contro Bin Laden, tutti si sentono più tranquilli. Almeno in qualcuno dei Palazzi romani, così grazie alla guerra faranno qualche affaruccio in più. Ci siamo ricavati il nostro angolino nello schieramento occidentale, il governo può attaccarsi la medaglietta al petto, l?opposizione può dir di aver dato un?altra prova di affidabilità (ma quante altre dovrà darne per portare a casa qualche voto in più?). È tutto pacificamente acquisito, scontato, applaudito. Eppure c?è qualcosa di tristemente decadente in tutto quanto sta accadendo. Non vogliamo qui contestare una decisione così ovvia e così condivisa nel palazzo. Come ha detto Ermete Realacci, un po? per lavarsi la coscienza (lui si è astenuto) e un po? per gettare giustamente un?ombra ironica sull?operazione, l?intervento italiano è un «atto puramente simbolico? in fondo si tratta dell?invio di una portaerei non particolarmente utile». Insomma cose da poco. Cose di un Paese che ha perso la propria autostima, che non ha nessuna ambizione sul proprio ruolo, sulla propria originalità. Com?era diversa l?Italia, pasticciona quanto si vuole, che sapeva opporsi alle piccole prepotenze della grande superpotenza americana, sfidandola sulla questione di Sigonella? Eppure basta poco per capire quanto sia più intelligente, anche dal punto di vista degli interssi occidentali, avere un paese in grado di dialogare e di tessere rapporti con un mondo, quello arabo moderato, sì schierato ma esposto alla pressione del fondamentalismo. «Di fronte ai popoli dell?Islam che si arroccano, pregando, attorno alle loro moschee, cosa contrappone l?Occidente cosiddetto libero?», si chiedeva Giorgio La Pira in una lettera inedita scritta a Pio XII nel 1958. «La domanda è drammatica perchè non ha risposta: la Nato e tutte le altre sigle non sono una risposta; sono il segno di una evasione pigra e di una debolezza strutturale». Ma poi La Pira una risposta la forniva: ci vogliono, scriveva «soluzioni politiche di dignità? soluzioni economiche di intervento deciso, amplissimo, organico per tutti i paesi sottosviluppati». Come si sarebbe comportato La Pira davanti alla situazione di oggi? Avrebbe colto il bisogno vitale (vitale dopo quel tremendo 11 settembre) di una politica multilaterale, come garanzia di sicurezza, una grande chance per l?Italia. Che geograficamente e culturalmente è un Paese ponte (a proposito di ponti: un grande genio che gli ultras occidentali sbattono in faccia alle culture nemiche, Leonardo da Vinci, ne aveva progettato uno per il sultano turco Bajazet II). Un Paese che nel suo dna e nella sua storia, antica e recente, ha la vocazione e la passione a tessere dialoghi anziché ad arroccarsi dentro le proprie mura. A destreggiarsi con la politica e non con le armi. Invece ci hanno ridotti a paesetto barricadero, orgoglioso di tirar qualche bomba e di stare dalla parte giusta. Per questo, all?orrore e all?irrazionalità della guerra (perché, come ha scritto don Albino Bizzotto, pretendere di sconfiggere il terrorismo bombardando l?Afghanistan è un po? come pensare di battere la mafia bombardando la Sicilia), si aggiunge la tristezza per un paese che sta smarrendo orgoglio e identità.


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