Non profit

Il fallimento educativo di una generazione ormai adulta

Riceviamo e pubblichiamo una lettera aperta dell'ex assessore al Welfare della regione Calabria: «Alla luce degli eventi di queste ultime settimane, che coinvolgono gli adulti e non i giovani o giovanissimi, comprendiamo che il fallimento educativo ha colpito una generazione, ormai adulta»

di Federica Roccisano

Qualche giorno fa diversi giornali hanno riportato l’omelia di monsignor Nazzareno Marconi, Vescovo di Macerata, che, dopo i fatti ormai famosi che hanno interessato la sua diocesi, distribuiva tra famiglia, politica e istituzioni, la responsabilità dell’intolleranza e della barbarie ormai dilagante nel nostro Paese. Mons. Marconi ha utilizzato un termine preciso: fallimento educativo; e questo termine deve far riflettere molto e con grande attenzione, sia per il peso delle parole in sé che per gli esempi che purtroppo la cronaca ci offre quotidianamente ad avvalorare la sua tesi.

In queste settimane abbiamo, infatti, assistito a pubblicità classiste di licei classici in cui docenti e dirigenti vantavano non una variegata ed eccellente offerta formativa, ma una perfetta composizione delle classi fatta da studenti, italiani, appartenenti all’alta borghesia e sani, senza alcuna disabilità; ancora, abbiamo letto di docenti scolastici aggrediti da genitori in disaccordo con la valutazione data ai loro figli, di insulti a personaggi televisivi, rei di aver descritto, con grande pathos e in maniera coinvolgente, il dramma che vivono i migranti, e abbiamo letto di sindacalisti attaccati verbalmente e minacciati fisicamente, mentre svolgevano il loro lavoro di dialogo sui territori; da ultimo, stiamo vivendo ogni giorno una campagna elettorale particolarmente aggressiva, nonostante le (solo apparenti) adesioni di molti al manifesto “Parole Ostili” contro la violenza nelle parole.

i rappresentanti delle istituzioni devono avere la forza di non essere neutrali, di non temere di condannare alcuni atteggiamenti e, come diceva Rosa Luxemburg, di avere il coraggio di chiamare le cose con il proprio nome,

Alla luce di questi eventi, che coinvolgono gli adulti e non i giovani o giovanissimi, comprendiamo che il fallimento educativo ha colpito una generazione, ormai adulta, e che forse, magari, le generazioni più giovani possono essere salvate attraverso percorsi educativi particolari che al linguaggio dell’esclusione preferiscano quello dell’inclusione diretta a tutte le componenti delle comunità.

Indubbiamente questo significa che la politica non può e non deve fallire, che i rappresentanti delle istituzioni devono avere la forza di non essere neutrali, di non temere di condannare alcuni atteggiamenti e, come diceva Rosa Luxemburg, di avere il coraggio di chiamare le cose con il proprio nome, ripudiando ogni forma di violenza, di razzismo, di classismo e di fascismo.

A tutti i livelli, la politica deve accompagnare le scuole e tutti gli attori coinvolti in questa missione educativa, non lasciandoli soli, ma progettando e realizzando vere reti con istituzioni e organizzazioni no profit, andando oltre, cioè, i soli investimenti infrastrutturali e mirando a quella che è la ricchezza più preziosa che ogni territorio ha: il capitale umano.

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