Politica

Il falco Netanyahu favorito nei sondaggi

Elezioni del 10 febbraio: le previsioni di Janiki Cingoli direttore del Centro Italiano per la Pace in Medio Oriente

di Redazione

A quattro giorni dalle elezioni generali in Israele (10 febbraio) i nazionalisti del Likud precedono ancora di stretta misura i centristi di Kadima in tre diversi sondaggi pubblicati dalla stampa odierna. La percentuale degli indecisi resta molto elevata: almeno il 15%, secondo il quotidiano Haaretz. Janiki Cingoli è direttore del Cipmo, il  Centro Italiano per la Pace in Medio Oriente, attivo nel promuovere il dialogo fra israeliani e palestinesi.

Previsioni del risultato elettorale?

In Israele appare sempre più probabile una vittoria di Netanyahu, leader del Likud, ma in base all’ultimo sondaggio pubblicato dal Jerusalem Post essa appare ridimensionata dalla forte affermazione di Israel Beitenu, il partito di estrema destra guidato da Avigdor Lieberman, che si è contraddistinto per i violenti attacchi, anche di tono razzista, rivolti contro gli esponenti della minoranza arabo-israeliana. Sulla carta, Netanyahu disporrebbe nella futura Knesset di una forte maggioranza di destra, ma non è detto che egli voglia consegnarsi a Liberman, tenuto conto del fatto che nella stessa lista del Likud vi è una notevole componente di falchi estremisti, facenti capo a Moshe Feiglin.

Un governo tutto di destra come si relazionerebbe, per esempio, con la nuova amministrazione Obama?
Netanyahu negli anni ’80 è stato il numero due nell’Ambasciata israeliana a Washington, e da quella esperienza ha tratto la radicata convinzione che per Israele è vitale evitare uno scontro frontale con gli Usa. E’ indubbio che un governo tutto di destra potrebbe difficilmente evitare di entrare in rotta di collisione con la nuova amministrazione di Obama, che della apertura al mondo arabo e islamico ha fatto una delle bandiere fin dai giorni del suo insediamento.

E gli Usa, come guardano a questa possibile vittoria?
Mitchell, l’anziano inviato speciale per il Medio Oriente scelto da Obama, ha già cominciato il suo pellegrinaggio fra le capitali dell’area. Era stato lui, nell’ottobre 2000, all’esplodere della II intifada, a chiedere la fine degli attacchi palestinesi ed il parallelo blocco degli insediamenti israeliani, con il suo rapporto che fu all’origine della Road Map. Le costruzioni degli insediamenti israeliani sono cresciute nel 2008 del 45%. E Netanyahu annuncia che non ne costruirà di nuovi, ma non intende congelare quelli già esistenti.


Qual è il programma di Netanyahu nei confronti dell’autorità palestinese?
Netanyahu dichiara di voler costruire una pace economica, sganciandosi dal confronto ravvicinato sul Final Status avviato un anno fa dopo la Conferenza di Annapolis. Far affluire una massa ingente di dollari sulla Cisgiordania, per tacitare e sostenere il traballante potere di Abu Mazen, aiutandolo a reggere la sfida di Hamas, e lasciare Gaza al suo destino. Ma è assai dubbio che ciò possa bastare a bloccare la rivendicazione nazionale palestinese ad uno Stato indipendente.


Ci sono negoziati con Hamas?
Mentre Israele si avvicina all’appuntamento del 10 febbraio, in Egitto vanno avanti i negoziati indiretti dei suoi rappresentanti con quelli di Hamas. Sul consolidamento della tregua e sulla cessazione dei lanci di razzi contro le città israeliane di confine; sulla riapertura dei valichi di Gaza; sul controllo del contrabbando di armi verso la striscia; sul rilascio del soldato Shalit in cambio di un alto numero di prigionieri palestinesi, anche macchiatisi di atti di terrorismo. Non si può nascondere una sensazione lunare, nel fare questo elenco: pare di essere tornati al giorno prima dell’offensiva. Tutti i morti, i feriti, le rovine sembrano senza effetto, anche in termini elettorali.


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