Mondo

Il dumping ne uccide più che le guerre

Forum Nairobi 2007, i grandi temi/3: Commercio. I paesi africani e il diritto di difendere le proprie economie tramite strumenti che li aiutino a reggere all’invasione dell’economia globale

di Sergio Marelli

di Sergio Marelli In Africa più del 70% delle popolazioni più povere vive in aree rurali e lavora nell?agricoltura e degli 1,2 miliardi di persone al mondo che vivono con meno di un dollaro al giorno, 900 milioni vivono nelle aree rurali. La Fao nel suo ultimo rapporto annuncia dei dati molto sconfortanti: 854 milioni di persone soffrono ancora la fame nel mondo, ma ancora più sconcertante è che 820 milioni vivano nei Paesi in via di sviluppo, e che 205 milioni si trovano solo nell?Africa subsahariana (il 25% della popolazione sottonutrita) con delle punte allarmanti in paesi come il Burundi, la repubblica democratica del Congo, l?Eritrea, la Liberia e la Sierra Leone. Molti studi hanno dimostrato che l?agricoltura è la chiave per ridurre la povertà in Africa e deve perciò avere un ruolo centrale nel raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio. A dispetto dell?importanza del settore agricolo per lo sviluppo dei Paesi africani, l?Occidente destina pochi aiuti a questo settore: l?aiuto esterno è calato drammaticamente negli ultimi vent?anni, passando da oltre nove miliardi di dollari annui nei primi anni Ottanta a meno di cinque miliardi alla fine degli anni Novanta. Ma ancora più incisive sono le responsabilità dei Paesi industrializzati per quanto riguarda il commercio internazionale. L?Africa ha una quota del solo 2,6% sul commercio mondiale, di cui il commercio dei prodotti agricoli è pari al 12,1%. Se si pensa che l?Europa ha una quota del 45,3% sul commercio mondiale di cui il 47% sono esportazioni di prodotti agricoli, si capisce il ruolo marginale che i Paesi africani hanno nell?economia globalizzata. Purtroppo le difficoltà che incontrano questi stati non dipendono solo da guerre, carenze di infrastrutture o condizioni naturali avverse. Molto dipende dalle politiche commerciali vigenti e da un sistema che privilegia i paesi più sviluppati invece di aumentare le possibilità di partecipazione dei paesi poveri al commercio mondiale. Le politiche agricole dei paesi occidentali, in particolare l?Unione Europea, gli Stati Uniti, il Giappone, sono ancora fortemente sovvenzionate e questo consente di produrre e di esportare a prezzi estremamente competitivi, prezzi a cui i produttori del sud non possono competere. Senza la possibilità di usufruire degli aiuti statali i paesi africani producono a costi più alti e la concorrenza li spinge fuori dal mercato e li rende mercati di importazione per i prodotti dal Nord del mondo che sono molto più convenienti grazie ai sussidi all’esportazione. L?eliminazione del sostegno all’esportazione è quindi la prima misura necessaria per correggere questa forma di concorrenza sleale a tutti conosciuta come dumping. Il caso del latte in polvere europeo è emblematico, nel 2002, 560 tonnellate in totale di polvere di latte proveniente dall?Ue hanno inondato il mercato burkinabè. La Francia fa la parte del leone seguita dai Paesi Bassi e da altri paesi tra cui l?Italia. Il latte in polvere è disponibile a prezzi anche tre volte inferiori al prezzo del latte locale, e il risultato è stato che in Burkina-Faso non esiste più un settore del latte degno di questo nome e non c’è più latte da vendere nei quartieri più popolosi perché gli allevatori locali hanno cessato l’attività. Oltre al problema dei sussidi, c?è un atteggiamento schizofrenico da parte dei paesi sviluppati, per cui da una parte si proclamano i vantaggi del libero commercio e si assiste all?ostinato perseguimento, da parte dei paesi del Nord del mondo, di un?apertura rapida e senza vincoli dell?Africa ai mercati agricoli, ma dall’altra si continuano a mantenere delle tariffe molto alte in Europa per proteggere le produzioni ritenute sensibili vietando l?accesso dei prodotti provenienti dal sud. Gli agricoltori poveri o su piccola scala dipendono dal funzionamento dei mercati locali e dalle politiche nazionali che promuovono lo sviluppo rurale. Queste politiche però sono inutili se i mercati agricoli vengono aperti troppo rapidamente senza permettere ai paesi in via di sviluppo di mantenere le condizioni in cui le politiche agricole a favore dei poveri possono essere attuate. Negli ultimi vent?anni, i paesi africani sono stati costantemente invitati ad abbassare le barriere doganali ai prodotti agricoli. Ciò è evidente nelle condizioni poste dalla Banca Mondiale e dal Fmi per l?approvazione di nuovi prestiti e per la riduzione del debito. La liberalizzazione è spesso avvenuta a un passo e a un grado tali da togliere il fiato e si ha l?impressione che sia stata promossa più come dogma economico che come risultato di un?analisi sui possibili impatti sulle popolazioni povere. Sia il Mozambico che lo Zambia ora hanno economie più liberalizzate che il Regno Unito o la Germania e paesi come il Ghana o il Burkina sono invasi dal concentrato di pomodoro italiano o dal latte in povere europeo sovvenzionato. I Pvs sono esposti anche sul capitolo relativo alla liberalizzazione dei prodotti industriali, dove hanno mantenuto le tariffe più alte per proteggere le proprie industrie ancora deboli per affrontare il mercato. La liberalizzazione esporrebbe questo settore ad una concorrenza che non sono preparati ad affrontare con la conseguenza che, come accade per molti prodotti agricoli, si ritroveranno importazioni di prodotti più convenienti dall?estero con la chiusura di imprese che non hanno avuto il tempo di svilupparsi per affrontare il libero mercato. Nonostante tutte queste difficoltà, vediamo come gli attuali negoziati commerciali spingono verso una maggiore liberalizzazione del mercato con una flessione preoccupante verso le trattative bilaterali dove si è completamente abbandonato il principio della non reciprocità e si pretende una trattativa su base paritaria verso paesi che non hanno chiaramente la stessa forza economica dell?Ue. Fino a che non verranno eliminate queste distorsioni nel commercio internazionale l?Africa continuerà a registrare la percentuale più alta di affamati al mondo. I paesi africani devono vedersi riconoscere il diritto di poter difendere le proprie economie attraverso i dazi, almeno finchè non avranno raggiunto la maturità economica per affrontare l?economia globalizzata, e devono essere esonerati dalla liberalizzazione sfrenata che ha caratterizzato gli ultimi dieci anni di negoziazioni.


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