Non profit

Il dono, gesto di solidarietà non di pietà

Tra i relatori alla tavola rotonda "Più società, meno stato. L'esperienza del dono nella tradizione italiana" hanno partecipato Luigi Campiglio, Carlo Borgomeo e il ministro Maurizio Sacconi

di Antonietta Nembri

da Rimini

Ricchissima di spunti, osservazioni, riflessioni ed episodi di vita è stata la tavola rotonda Più società, meno Stato. L’esperienza del dono nella tradizione italiana, alla quale hanno partecipato Carlo Borgomeo, presidente della Fondazione per il Sud, Luigi Campiglio, pro rettore e docente di Politica economica all’Università cattolica del Sacro Cuore di Milano, e Maurizio Sacconi, ministro del Lavoro e delle Politiche sociali.

Quasi una lezione universitaria quella di Luigi Campiglio che ha iniziato con una definizione del concetto di dono: è un atto personale, privato, non gesto di pietà, ma di solidarietà, che avviene nell’ambito sociale. I più grandi doni avvengono nell’ambito familiare (si pensi per esempio alle donazioni di immobili nello scorso anno, tra 300 e 350mila). Campiglio ha detto, citando Aristotele, che dare è una virtù… ma è complicato. Ha poi citato l’esempio americano dove la filantropia è molto diffusa: più di 40 miliardari si sono impegnati con una promessa solenne a donare almeno il 50% del proprio patrimonio in opere filantropiche, favoriti anche da una fiscalità che agevola molto le donazioni.

In Italia il livello delle donazioni è ben al di sotto dell’esempio americano, ma rispetto agli States esistono anche differenze di tipo culturale. Il dono avviene all’interno della famiglia, esiste la disponibilità a contribuire per l’ambiente e fare donazioni per estranei (ne è un esempio il Fondo per la famiglia e il lavoro istituito dalla Diocesi di Milano). Infine, ha aggiunto Campiglio, «una diversa fiscalità sarebbe un vantaggio anche per lo Stato».

«In Italia non ci sono i 40 miliardari, ma esistono esperienze interessanti che hanno qualche cosa da dare», ha ripreso Marco Lucchini, direttore del Banco Alimentare che ha coordinato l’incontro, invitando Carlo Borgomeo a raccontarle. Il presidente della Fondazione per il Sud si è rifatto alla sua pluriennale esperienza di attività nel Mezzogiorno per spiegare cosa significhi “più società e meno Stato”. A suo parere sono molteplici le iniziative e opere di valore, che occorre anche però individuare e saper raccontare: «Ho scoperto esperienze e generosità nascoste, mentre del Sud si parla spesso solo per stereotipi. Invece ci sono meno incendi grazie all’opera di avvistamento di volontari, è stata costituita un’orchestra classica nel Rione Sanità, esistono cooperative che gestiscono i beni confiscati alle mafie ed è operante la lotta contro l’abbandono scolastico. Ci sono associazioni che strappano uno a uno i ragazzi alla criminalità organizzata». Tutte scintille che fanno nascere una società positiva, che attraverso il dono genera legami sociali. Perché la cosa più difficile», ha commentato Borgomeo «è vincere la sfiducia iniziale che fa dire: questo che cosa vuole in cambio?». Il manager ha continuato poi citando il Libro bianco del ministero del Lavoro e delle politiche sociali che disegna un nuovo modello di stato sociale.

Entrando poi nel merito della Fondazione per il Sud di cui è presidente, ha ricordato che l’erogazione di finanziamenti implica sempre che i progetti non siano presentati da singoli, ma da un gruppo di partner e che abbiano una certa dose di innovazione. Questo perché non ha più senso chiedere finanziamenti dello Stato come è stato fatto finora, occorre dare un segnale di discontinuità perché se non vanno a buon fine: «È meglio che i soldi non girino in certe aree, ma è necessaria un’educazione allo sviluppo». Il suo invito al terzo settore è stato quello di fare rete, di avere una maggiore cultura della rendicontazione e del risultato.

La parola è poi passata al ministro Sacconi che nel suo intervento ha spaziato a tutto campo


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