Volontariato

Il dono della semplicità

di Giulio Sensi

Nel 2006 esce in Italia il libro di John Maeda "Le leggi della semplicità", già diventato un bestseller negli Stati Uniti. Maeda, designer e insegnante, lavora da anni a “Simplicity”, un progetto di ricerca che vuole semplificare la vita delle persone in un contesto di crescente complessità. Maeda mette insieme il tema del design e della tecnologia e già nel 2006 riflette e opera intorno ai processi per rendere fruibile alle masse -vale a dire accessibile- una nuova generazione di prodotti digitali che stanno rivoluzionando la vita delle persone.

Nel libro propone dieci leggi fondamentali che possono riuscire a rendere semplice ciò che nasce come estremamente complesso. Le leggi sono queste: riduzione, organizzazione, tempo, apprendimento, differenze, contesto, emozione, fiducia, fallimento e l'ultima, l'unica e più importante e complessa: sottrarre l'ovvio e aggiungere il significativo.

Anche se nato per il business e non per il non profit, propongo sempre una lettura delle leggi di Maeda quando mi trovo a fare corsi sulla comunicazione a operatori o volontari del terzo settore, perché credo che uno dei maggiori ostacoli alla diffusione della cultura e dei valori che animano l'azione del volontariato sia proprio quello di non riuscire a renderli accessibili e appassionanti per tutti coloro che nuotano in quel mare indefinito oggi rappresentato dalla comunicazione.

Ciò che non abbiamo ancora capito è che la semplicità non è il frutto di una semplice riduzione quantitativa, ma è quel complicato meccanismo che permette a ciò che è complesso di essere, appunto, semplificato, senza perdere nulla di essenziale, senza tradire tutta la sua imponenza. Pensiamo al gesto di donare il sangue e a quante valenze, quanti significati, quanta storia, quanto impatto possa esserci dietro ad un gesto apparentemente semplice e definito nel tempo.

Pensiamo a quanto sia fondamentale non perdere tutte quelle dimensioni che sono alla base di un sistema avanzato capace di mantenere al proprio centro la cultura e la pratica del dono. Non è solo un fatto comunicativo, o meglio la comunicazione è solo uno degli strumenti da usare in modo integrato per vincere le sfide che la donazione del sangue ha di fronte.

Molti continuano a sostenere che nell'iperveloce mondo digitale dominato dai social, il valore assoluto da inseguire sempre sia quello della sintesi: la brevità dei contenuti sarebbe, secondo questo approccio, la più importante delle qualità mediatiche. Questo varrebbe in modo indistinto per tutti i mezzi e gli strumenti di comunicazione, dai contenuti televisivi a quelli prodotti sui social media. La realtà, nonché le labili leggi della viralità, ci dimostrano che non è così, che la sintesi da sola non è sinonimo di intelligenza, ma che la riuscita della comunicazione è legata alla capacità di rendere accessibili -sia tecnologicamente, sia intellettualmente, sia emotivamente- anche i pensieri più complessi, i progetti più arditi, le frontiere più indistinte ancora invisibili ai più. La sfida è proprio questa: il dono della semplicità nella semplicità del dono.

* post pubblicato sulla rivista di Avis nazionale "Avis sos"

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