Cultura

Il Dio di Daesh e l’assassinio di Nahed Hattar

Ieri, l'imam di una moschea di ritorno dall'Arabia Saudita ha assassinato lo scrittore giordano Nahed Hattar davanti alla Casa della giustizia. Hattar era già stato condannato a quindici giorni di carcere per oltraggio alla divinità, dopo aver pubblicato una vignetta in cui prendeva in giro l'idea che Daesh ha di Dio. L'assassinio di Hattar, ieri, è un nuovo capitolo della spartizione di ruoli fra islamisti moderati e islamisti estremisti

di Wael Farouq

Ieri, l'imam di una moschea di ritorno dall'Arabia Saudita ha assassinato lo scrittore giordano Nahed Hattar davanti alla Casa della giustizia. Hattar era già stato condannato a quindici giorni di carcere per oltraggio alla divinità, dopo aver pubblicato una vignetta in cui prendeva in giro – come aveva sottolineato più volte – l'idea che Daesh ha di Dio. La vignetta era intitolata "il Dio di Daesh" in cui si vede un combattente dell'Isis seduto accanto a due donne che chiede a Dio di servirgli da bere.

Un jihadista si trova a letto con due donne in una lussuosa tenda, e Dio si affaccia dall'esterno, chiedendogli: "Buona giornata, Abu Saleh, hai bisogno di qualcosa?". Il jihadista risponde: "Sì Signore, mi porti un altro bicchiere di vino e chieda a Jibril (l'arcangelo Gabriele) di portarmi noccioline. Dopo, mi mandi un servitore eterno per pulire il pavimento e sparecchiare insieme a lei". E poi aggiunge: "Non dimentichi di mettere una porta davanti alla tenda, così la prossima volta bussa prima di entrare”

L'assassinio di Hattar, ieri, è un nuovo capitolo della spartizione di ruoli fra islamisti moderati e islamisti estremisti. L'assassinio dello scrittore egiziano Farag Foda, il tentato assassinio dello scrittore Naguib Mahfouz e il divorzio forzato di Nasr Abu Zeid da sua moglie, seguito dall'esilio in Olanda, sono passati attraverso le stesse fasi:

1 – La vittima, di solito, è un artista, uno scrittore o un professore universitario, perché questi sono i nemici naturali dell'ideologia religiosa e dei "commercianti di religione".

2 – La vittima di solito – guarda caso – è attiva e influente nel criticare l'islam politico. La sua critica, inoltre, gode di credibilità presso un vasto settore di pubblico, per la sua integrità e il suo comportamento non ipocrita nei confronti del potere, coerentemente con i suoi principi.

3 – Gli islamisti moderati pescano una frase o una vignetta della vittima, la estrapolano dal contesto e accusano l'autore di miscredenza.

4 – Gli islamisti moderati avviano la propaganda contro la vittima e istigano l'opinione pubblica contro di lei. E poiché sono moderati, non chiedono che la vittima sia assassinata, ma che sia processata.

5 – Il governo laico cede alla pressione e processa la vittima con leggi del Medio Evo.

6 – Infine, arriva il turno dell'islamista estremista che spara alla vittima per ucciderla fisicamente, dopo che gli islamisti moderati l'hanno uccisa moralmente.

7 – A questo punto, gli islamisti moderati condannano l'assassinio della vittima, dicendo che sono contrari alla sua uccisione, anche se è un miscredente.

8 – Poi, gli islamisti moderati propagandano l'idea che sia la persecuzione dell'islamismo moderato a condurre alla violenza dell'islamismo estremista.

9 – Per finire, un gruppo di sciocchi con titoli accademici adottano la stessa idea e, se si dice loro che gli islamisti moderati sostengono che la punizione per la blasfemia e l'apostasia sia la pena di morte, ti dicono: ma questa è la sharia, non si può cambiare. E se dici loro che anche la vittima era musulmana, ma non credeva che la sharia fosse questa, l'accademico occidentale progressista ti risponde: sì, ma la vittima è un miscredente!!!

Giorni fa, ho spiegato su Facebook la differenza fra il musulmano e l'islamista, dicendo che il musulmano pensa che Dio lo protegga, mentre l'islamista pensa di proteggere Dio. In risposta, mi sono arrivati i commenti di alcuni integralisti e fondamentalisti cristiani, non molto diversi dagli islamisti moderati. Facevano di tutto per convincermi che fossi uguale a quelli di Daesh, perché per loro Daesh è il vero islam. Citavano versetti coranici, insistendo su un'interpretazione letterale come fa Daesh. Oppure citavano eventi storici al di fuori del loro contesto o di dubbio accadimento. E se – dato che è impossibile discutere di questi argomenti con persone che non conoscono la lingua araba, né il suo linguaggio figurato, né le diverse teorie esegetiche, né le scuole teologiche e giuridico-religiose islamiche, né le discipline delle scienze del Corano e della sunna che studiano le circostanze della rivelazione, i versetti abroganti e abrogati, le catene di trasmissione orale delle tradizioni profetiche e l'affidabilità dei trasmettitori – ci si limita semplicemente a dir loro "d'accordo, questo è ciò in cui credo ed è confermato dalle mie posizioni e azioni", loro ti rispondono: "Tu ti inventi una nuova religione tutta per te, non rappresenti nessuno".

Bene, a chi è animato da buone intenzioni, voglio spiegare meglio la posizione dell'islam sulla blasfemia. Ci sono molti versetti coranici che insegnano ai musulmani come reagire alla derisione di Dio, del Corano o dei profeti. Tutti quanti chiedono di rispondere al male con il bene. Non c’è un solo versetto che preveda una punizione per blasfemia.

“Egli vi ha rivelato nel libro che quando sentirete rinnegare i segni di Dio oppure li sentirete deridere, non dovrete restare con coloro che lo fanno, finché non cambieranno discorso” (Sura 4:140).

“Quando vedi la gente che discute dei Nostri segni, dà loro le spalle finché discuteranno d’altro. Ma Satana te lo farà dimenticare e comunque, quando lo ricorderai, non trattenerti con gli ingiusti” (Sura 6:68)

“Il bene e il male non sono uguali; tu respingi il male con un bene maggiore, e il nemico sarà per te un amico sincero” (Sura 41:34)

“I servi del Clemente sono quelli che camminano sulla terra con umiltà e quando gli ignoranti si rivolgono a loro rispondono ‘Pace’ ” (Sura 25:63)

Anzi, il Corano stabilisce che la difesa dell’islam, del suo Libro e del suo Profeta non è in alcun modo compito dei musulmani, ma spetta solo a Dio.

“Noi ti bastiamo contro quelli che si burlano di te” (Sura 15:95)

“Noi riveliamo il monito e noi ne siamo i guardiani” (Sura 15:9)

Per questo, secondo quanto riporta la tradizione islamica, il califfo ben guidato Umar b. al-Khattab (634 – 644 d.C.) ha detto: “Lasciate perire l’iniquo tacendo su di esso”.

Il paradiso invece, nella lingua araba, è ciò che nasconde ed è nascosto. Il Profeta Muhammad (su di lui la pace e la benedizione di Dio) l'ha definito "ciò che occhio non ha mai visto, orecchio non ha mai udito, cuore umano non ha mai concepito". È una definizione che pone il paradiso oltre i confini della realtà, lontano dalla portata dell'immaginazione. È il mistero assoluto che non lascia altra via per raggiungerlo se non la realtà. È il mistero promesso in grado di attraversare i confini del tempo, dello spazio, delle etnie, della cultura, della lingua. Questa definizione va oltre i limiti stretti dell'esperienza e, di conseguenza, della conoscenza umana. Anzi, tutti questi limiti vengono a cadere, perché questo mistero non è solo promessa di un nuovo mondo esteriore, ma in verità è liberazione del sé e delle sue capacità oltre i confini del conoscibile con i sensi e con l'immaginazione.

Qualcuno potrebbe pensare che quest'ignoto sia stato rivelato in molti versetti coranici che hanno descritto il paradiso, la sua geografia e le sue beatitudini in tutti i suoi gradi. Tuttavia, l'esegeta coranico e Compagno del Profeta Ibn Abbas, riferendosi al versetto "Nessuno conosce quale gioia è tenuta in serbo per loro come ricompensa per le loro azioni" (Corano 32:17), risponde con decisione che "nel paradiso non c'è nulla di quanto c'è nel mondo, eccetto i nomi". Anche l'imam al-Ghazali lo conferma, pensando che la grazia di chi entra in paradiso consista nella conoscenza e nella contemplazione di Dio.

A chi invece è animato da cattive intenzioni consiglio di chiedere perdono a Dio, ma se è troppo orgoglioso per farlo, allora si goda pure l'inferno di se stesso.

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