Formazione
Il digitale ti ruba tempo e attenzione? Nasce il movimento “Tempo ben speso”
L'attenzione è un bene sempre più raro. Perdiamo tempo e dilapidiamo attenzione guardando video che non avevamo intenzione di guardare su youtube o altre piattaforme. Perché? Nel mondo il dibattito è grande e programmatori e ex dirigenti Google e Facebook fondano il movimento "Time well spent". Lanciando un messaggio: dobbiamo ridefinire l'architettura del software nel quale siamo immersi o gli algoritmi prenderanno il posto della libertà di decisione e sceglieranno per noi
di Marco Dotti
La dipendenza dai videogiochi sarà presto riconosciuta come patologia dall'Organizzazione Mondiale della Sanità. L'uso eccessivo dei social network è diventato una preoccupazione importante. La perdita di attenzione indotta dai device digitali è, oramai, un dato conclamato. Eppure, osserva Rajibul Hasan dell'Università di Rennes, parliamo poco dei problemi legati ai video online.
Un neologismo, binge watching, definisce la questione. I numeri danno la cifra del problema: ogni giorno, su yotube viene consumato 1 miliardo di ore per la visione di video. La durata media di una sessione è di 45 minuti, ma alcuni degli 1,5 miliardi di utenti arrivano a spendere alcune ore sul sito di file sharing creato nel 2005. Bisogna inoltre considerare che le ore trascorse dagli utenti sul sito dagli aumentano del 50% l'anno. E poi ci sono le piattaforme di condivisione digitale e altri canali.
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Dove sta il problema? Il problema sta nel flusso. Il binge watching è una tendenza incontrollata a perdere tempo, saltando da un video all'altro. Un passatempo, ma oltre un certo livello anche una critica emorragia di attenzione. E, osserva Hasan in un suo interessante editoriale pubblicato da We Demain, cresce il numero delle persone che colpite da binge watching che guardano video o saltellano da un video all'altro, interagendo dunque con lo schermo, anche quando si trovano in contesti e situzioni dove è richiesta l'interazione con altre persone.
Perché accade? Il punto dirimente della questione è il design degli apparati di cattura dell'attenzione. In sostanza, gli algoritmi sempre più personalizzati di raccomandazione del video successivo e l'avvio automatico sono elementi cruciali per l'innesco del binge watching. Questo vale per Youtube, ma anche per Netflix o Amazon: piattaforme che tracciano le nostre preferenze e le ri-orientano.
«All'inizio guardiamo un video perché stiamo cercando informazioni», spiega Hasan. Ma poi, attraveso un meccanismo tecnicamente chiamato "aggancio", restiamo impigliati (hooked) nel dispositivo e consumiamo tempo. Ovviamente, questa perdita di tempo e questa crisi di disattenzione hanno un risvolto economico. Gli operatori del platform capitalism traggono vantaggio da questa "osservazione" del cliente. Big Data e non solo. Cose su cui, oramai, si è ampiamente dibattuto. Le addictions e le dipendenze da microvideo sono in crescita. Ma in crescita è anche la consapevolezza riguardo alle cause di questa dipendenza.
Sono nati così movimenti critici rispetto a questa logica dispersiva e per un digitale più etico. Utopia? Realtà? Nel frattempo, un ex dirigente di Google, Tristam Harris, ha fondato il Center for Human Technology. «La nostra società è stata traviata dalla tecnologia», osserva.
Il problema non sembra essere nel classico rapporto fra mezzi (sempre più potenti) e fini (sempre più incerti), bensì nella situazione, nel contesto, nell'architettura di fondo, in una parola: nel design dei software, dove questa dialettica mezzi-fini si sta trasformando in un mero antagonismo. Ridefinire l'algoritmo è una necessità cruciale. Così la vede il movimento "Time well spent" che Harris ha fondato nel 2013 ma che oggi comincia a raccogliere sempre più consensi.
Siccome l'etica, anche quella digitale, non è questione di buone intenzioni ma di pratiche concrete stanno già nascendo sistemi alternativi come Free Youtube che blocca il sistema di raccomandazioni video, ma anche estensioni dei browser come Feed Eradicator che bloccano le notifiche non desiderate o strumenti come Rescue Time che permettono di visualizzare l'impatto delle nuove tecnologie sulla vita quotidiana in termini di perdita e consumo di tempo.
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