Welfare

Il diffensore? Dietro le barre.

Un Ombudsman per i detenuti: all’idea lanciata da due parlamentari oggi si sono aggiunte le adesioni di molti leader del volontariato. Per aiutare migliaia di persone .

di Stefano Anastasia

È di qualche giorno fa la notizia che venti agenti penitenziari sono stati rinviati a giudizio per violenze contro detenuti che sarebbero state commesse tra il ?95 e i primi mesi di quest?anno nel carcere napoletano di Secondigliano. Abuso di autorità, lesioni personali e minacce a testimoni sono i capi d?imputazione. Dalle indagini la violenza fisica e psicologica emerge come una sanzione disciplinare o addirittura come una misura preventiva di eventuali violazioni di norme previste dalle prassi penitenziarie. Questo vicenda giudiziaria – così come quella di Benedetto Labita, che ha denunciato i maltrattamenti subiti nel carcere di Pianosa tra il ?92 e il ?93 e sul cui caso è attesa a breve la decisione della Corte europea dei diritti umani – non ci devono indurre a ritenere che nelle nostre carceri si pratichi sistematicamente la tortura fisica o psicologica. Si tratta certo di casi limite e straordinari (anche per il seguito che stanno avendo in termini di accertamento delle responsabilità), ma è altresì certo che sotto la punta delle violazioni accertate vi è un iceberg di soprusi piccoli e grandi dei diritti dei detenuti, che nella grande maggioranza dei casi non si manifestano nella forma della violenza, ma che accompagnano fisiologicamente la vita reclusa. La nostra aspirazione illuminista non può farci velo sulla dimensione tragica della detenzione: la privazione della libertà non è mai solo tale, essa si trascina con sé un catalogo di prescrizioni, necessitate dal governo di una istituzione totale o semplicemente burocratiche, che regolano con una minuziosità comunque eccessiva i tempi e i modi della vita di chi vi viene costretto. Civiltà giuridica e sensibilità umana ci spingono a mettere degli argini alla inerzia punitiva del carcere, principi e norme che spesso non riescono a reggerne l?urto. Nasce da qui, da questa congenita ineffettività dei diritti delle persone private della libertà, il problema delle condizioni per la loro tutela. Il carcere riformato, a partire dagli anni Settanta, si è affidato alla magistratura di sorveglianza, dandole specifici poteri. Certamente, soprattutto nei primi anni, questo occhio giurisdizionale ha squarciato il velo sugli abusi e le negazioni di diritti nelle carceri italiane. Ma poi, con l?ampliarsi delle competenze e delle attribuzioni del magistrato di sorveglianza, vero giudice della pena in concreto attraverso la decisione sulle misure alternative alla detenzione, il suo ruolo di garante dei diritti è andato via via sfumando. La tutela dei diritti non ha retto il passo della loro capacità di affermarsi nel senso comune e nella coscienza dei singoli detenuti. Due anni fa discutemmo in un Convegno internazionale della istituzione di un Difensore civico delle persone private della libertà personale. Ne è nata una proposta di legge (primi firmatari Ersilia Salvato e Giuliano Pisapia) che oggi viene rilanciata dall?importante appello promosso da Giuseppe Barbarello e da Mario Nasone, Presidente del Centro Agape di Reggio Calabria, e che ha raccolto già molte, significative adesioni, come quelle di don Luigi Ciotti, Marco Griffini, Monsignor Giovanni Nervo, don Elvio Damoli, Tonino Perna, Monsignor Giuseppe Pasini, Emanuele Alecci, don Vinicio Albanesi, Luciano Tavazza e Salvatore Piromalli. Recentemente la Corte costituzionale ha affermato il principio della tutela giurisdizionale dei diritti dei detenuti. Perché questo principio possa essere fatto valere occorre una legge che determini la procedura di esame dei reclami. È questa l?occasione, non rinviabile pena il perdurare di una situazione di incostituzionalità dell?ordinamento penitenziario, per istituire il difensore civico delle persone private della libertà personale, che potrà utilmente mediare il gran numero di reclami che rischia di riversarsi sui già ingolfati tribunali di sorveglianza. Intanto noi, nel nostro piccolo, continuiamo a raccogliere notizie e informazioni con il nostro Osservatorio sulle condizioni di detenzione, un occhio buttato al di là del muro di cinta, un Difensore civico informale, per la promozione dei diritti dei detenuti. * Presidente nazionale di Antigone, associazione per i diritti e le garanzie nel sistema penale


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