Cultura

Il diario di un corrispondente sul Papa in Brasile

«Fa una certa impressione che anche chi non ha neanche un tetto e vive per strada, ascolti in questi giorni le parole di Francesco e considerino il Papa quasi uno di loro», così Paolo Manzo racconta i giorni della visita papale

di Paolo Manzo

Fa freddo a Rio de Janeiro e piove oramai da tre giorni quasi ininterrottamente ma, nonostante le avverse condizioni climatiche, con la sua spontaneità ed il suo modo di fare molto umile, Papa Francesco sta riscaldando i cuori di molti qui in Brasile. Anche dei tanti “moradores de rua” come Roger, Ivan e Joao che, ieri – dopo avere dormito sul marciapiede a poche decine di metri da Casa Italia, il centro che riunisce i giovani pellegrini italiani accorsi nella “cidade maravilhosa” per partecipare alla GMG – hanno voluto trasmettere a Vita il seguente messaggio: “questo Papa è diverso dagli altri, è dalla parte dei poveri e di quelli come noi che tutti considerano dei ladri”, mi dicono all’unisono.

Fa una certa impressione che anche chi non ha neanche un tetto e vive per strada, ascolti in questi giorni le parole di Francesco e considerino il Papa quasi uno di loro. «È arrivato dicendo che non porta oro né argenti», racconta Joao, 23enne originario del Maranhao, emigrato a Rio nel 2000 e «in cerca di un lavoro e di un po’ di fortuna».

Joao è finito in strada un mese fa, dopo una lite furiosa con la famiglia della moglie, di mestiere ha sempre fatto il muratore ma spera di trovare presto un qualsiasi lavoro.

Ieri sera, quando il Papa si è commosso nell’ascoltare la testimonianza di un tossicodipendente che poi ha abbracciato nel centro di recupero dell’Ospedale San Francesco d’Assisi, anche Joao che ha visto la scena nella televisione di un bar di Copacabana si è commosso.

Papa Bergoglio piace quasi a tutti, almeno qui in Brasile, perché riunisce le caratteristiche dei gesuiti – l’intelligenza e la durezza con i potenti – con le doti dei francescani – la generosità con i poveri e la semplicità “nei fatti e non solo nelle parole” ci racconta un monsignore verde-oro.
Piace soprattutto perché è un Papa che ha fatto dell’umiltà il suo marchio di fabbrica.

È arrivato nel centro di Rio a bordo di una normalissima Fiat Idea e non di una limousine, e per un argentino sostengono maligni i “rivali” brasiliani, l’umiltà non è propriamente una dote innata.

L’autista dell’auto ha persino sbagliato strada e mentre il suo segretario maltese se la faceva quasi sotto per la paura e Gianni, il capo della security vaticana, faceva volare «mandiritti e manrovesci come piovesse», lui non ha fatto una piega, continuando a stringere mani e a regalare sorrisi con il finestrino abbassato.

In questi minuti Francesco sta entrando in una favela, quella della Varginha, un viaggio che non era stato previsto quando Papa Ratzinger scelse Rio per la GMG 2013 ma che il suo successore ed amico ha voluto fare a tutti i costi perché, sia chiaro, un Papa che ha scelto come nome Francesco non può non andare tra i più poveri.

«Il suo nome è più di un semplice nome, è un vero e proprio programma di governo per la Chiesa di Roma», auspica Leonardo Boff, il francescano tra i principali esponenti della Teologia della Liberazione che lasciò l’ordine perché la «Chiesa voleva farmi tacere». Di Francesco anche Boff è contento.

Staremo a vedere se nei prossimi giorni Papa Bergoglio parlerà anche delle CEB, le Comunità Ecclesiastiche di Base che tanta importanza ebbero negli anni Sessanta e Settanta in Brasile ma, di certo il primo Pontefice americano della storia della Chiesa ha un chiodo fisso: mettere le periferie ed i poveri al centro delle attenzioni del suo Pontificato.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA