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Il dialogo è la migliore medicina
Molti pazienti si lamentano dello scarso scambio comunicativo che avviene in ospedali con diversi medici (di Gian Maria Comolli).
di Redazione
Purtroppo negli ultimi mesi ho dovuto subire vari ricoveri in diversi ospedali. E ho potuto constatare la difficoltà che molti medici trovano nel dialogare con i pazienti. Come mai, essendo la comunicazione una delle caratteristiche primarie della persona?
Mario L. (email)
La malattia è un evento che colpisce la persona nella sua globalità, producendo vari squilibri: fisico, che si manifesta nel dolore dell?organo ferito; psichico, che si esterna con la paura, l?ansia, la depressione e interrogativi del tipo: «Che cosa avrò? Mi diranno tutta la verità? Guarirò?»; spirituale, entrando in crisi il rapporto con Dio e con se stesso e si manifesta con domande quali: «Che cosa ho fatto di male perché Dio mi castighi in questo modo?»; sociale, che proviene dall?aver sospeso una professione o una rete di rapporti perciò ci si chiede: «Potrò tornare al mio lavoro? Chi si occuperà della mia famiglia? I miei amici mi dimenticheranno?».
Da ciò si comprende che per rispondere alle attese del paziente non basta guarire la malattia, diagnosticarla e offrire una terapia, ma serve ?curare il malato? nella sua globalità, cosa più ampia e impegnativa. Il primo elemento della cura è la comunicazione, il dialogo e la relazione. Il lettore si chiede perché il medico fatica a comunicare. Ritengo questa la motivazione principale. La medicina, negli ultimi trent?anni, da un punto di vista diagnostico-terapeutico è progredita più che negli ultimi venti secoli, riportando significative vittorie, anche se rimangono irrisolte grosse patologie. Purtroppo, questo miglioramento scientifico, non è stato accompagnato adeguatamente dagli aspetti umani ed etici, ignorando quasi completamente il contributo delle scienze umane. Da qui la scarsa importanza riservata alla comunicazione nei curricula scolastici, ritenendo la capacità relazionale innata, e la metodologia adottata per giungere alla diagnosi. Sta scomparendo lo strumento diagnostico costituito dalla visita medica sostituita da analisi ed esami. E così è svanito l?incontro medico-paziente, il tempo della parola e del dialogo. Infine, l?organizzazione delle strutture sanitarie, retribuite in base al prodotto, ha compromesso ancora maggiormente la relazione dietro la banale scusa del «non ho tempo».
Il medico deve valutare il tempo non soltanto in base all?efficienza, ma soprattutto come risultato dell?accostamento alla persona. È indispensabile perciò che l?operatore sanitario riveda i rapporti quotidiani col malato. Un utile consiglio lo offre lo psichiatra Balint che identifica nel rapporto medico – paziente il primo farmaco della cura e teorizza ?sei minuti per ogni paziente? come misura minima di questo farmaco primordiale. Da ultimo serve rammentare che la comunicazione per il medico non è un optional ma un chiaro obbligo deontologico.
Gian Maria Comolli
Il punto
Il dialogo è una vera e propria medicina, parte della terapia. Eppure ancora molti pazienti si lamentano dello scarso scambio comunicativo che avviene con i dottori.
La medicina negli ultimi anni ha fatto passi da gigante riportando significative vittorie su molte malattie, ma resta scarsa l?importanza attribuita al dialogo.
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