Mondo
Il dialogo? Agire di più e parlare di meno
Intervisa a Fouad Twal, il prossimo patriarca di Gerusalemme. «A Betlemme oggi è difficile far festa. Ma non abbiamo perso la speranza....»
Il Natale non è una festa. A dirlo è monsignor Fouad Twal, vescovo ausiliare del Patriarcato latino di Gerusalemme e futuro patriarca. Lo dice a proposito della città dove è nato Gesù, Betlemme. «Non riusciamo a vivere questo giorno come una festa, in questa difficile situazione. Possiamo solo viverlo come attesa». Arabo, nato in Giordania (l?attuale patriarca, Michel Sabbah è palestinese), da molti è ritenuto l?uomo chiave della nuova diplomazia vaticana in Medio Oriente. Esperto di Islam, è stato per 13 anni, dal 92 al 2005, vescovo di Tunisi, in un Paese dove i cattolici sono 22mila in mezzo a una popolazione di 9 milioni di persone di religione islamica. La giurisdizione del Patriarcato latino di Gerusalemme comprende sia Israele che i territori palestinesi, la Giordania e Cipro.
Vita: Nel 2006, come si vive il Natale a Betlemme?
Fouad Twal: Il governo di Israele a Natale ci rilascia dei permessi. Li richiediamo per migliaia di cristiani, che in questo modo possono raggiungere Betlemme. Ma il fatto stesso di dover chiedere permessi significa che la situazione è anormale. Per noi Betlemme è inseparabile da Gerusalemme e da tutta la Palestina, invece ci troviamo davanti a un muro che taglia le comunicazioni fra città, parrocchie, famiglie e tutto diventa difficile, anche muoversi.
Vita: Cosa significa in questo contesto celebrare la nascita di Gesù?
Twal: Non riusciamo a far festa, ma questo non significa che abbiamo perso la speranza. Siamo in una situazione non facile, motivo in più per pregare per tutti, musulmani, ebrei e cristiani, che si sentano una sola famiglia, che abbiamo fiducia gli uni negli altri, perché un?atmosfera di sfiducia non aiuta nessuno. La pace è tutto ciò che vogliamo. Noi ?chiesa? siamo pochi e la nostra voce è debole ma siamo contenti di farla sentire. Pace, una bella parola. Ma non è facile da vivere quando c?è un muro, chiusura, occupazione militare, quando ci sono centinaia di check point. Come abbiamo detto spesso, poiché Israele è il più forte deve compiere i passi più coraggiosi per arrivare a questa pace.
Vita: Lei sarà patriarca di Gerusalemme. Che ruolo può avere la Chiesa del Medio Oriente nel dialogo con l?Islam?
Twal: Noi arabi cristiani, qui come in Giordania, viviamo con i musulmani da quindici secoli. In questo arco di tempo abbiamo avuto alcuni momenti difficili, ma c?è stato sempre un ?vivere con?, un dialogo di vita, di amicizia e di lavoro. Noi chiesa del Medio Oriente e di Gerusalemme preferiamo parlare poco di dialogo e agire sul terreno. Questo agire si traduce in scuole, nelle nostre espressioni di carità con gli ammalati, con le persone disabili? credo che la nostra testimonianza, il nostro amore e il nostro lavoro con loro sul terreno sia il linguaggio più forte, quello che rompe le resistenze. Tanti sono stati gli incontri di dialogo a tutti i livelli in tutto il mondo, ma il rischio è che questi discorsi rimangano solo a livello teorico, che si riducano a formule di cortesia da una parte e dall?altra. Raramente abbiamo il coraggio di entrare nel merito. Va bene insistere sui punti comuni, però forse ci vorrebbe il coraggio di discutere i punti sui quali non siamo d?accordo, con rispetto, amicizia, senza pregiudizi. Qui viviamo questo dialogo. Che ogni tanto nella storia dei cristiani ci siano momenti difficili è normale. Dobbiamo accettare queste tensioni, fa parte del nostro bagaglio storico culturale, è il prezzo della nostra fede e del nostro amore per il Signore. Dobbiamo accettare i momenti difficili e poi continuare, non fermarci mai.
Vita: A proposito dei rapporti con l?Islam il recente viaggio del Papa in Turchia ha rappresentato un passo avanti?
Twal: Ha rappresentato una svolta nei rapporti con le altre confessioni cristiane, in particolare con gli ortodossi. L?incontro con Bartolomeo I è stato molto positivo e così la dichiarazione congiunta che riguarda tutti i cristiani. Ci è piaciuta questa dichiarazione perché ha toccato anche il Medio Oriente, ha toccato il clima di conflitto pervasivo che sperimentiamo qui in Israele, in Palestina e in Iraq. Siamo contenti quando il Papa e ad altri responsabili cercano insieme cammini di riconciliazione, di pace, di perdono. Per quanto riguarda l?Islam, il Santo Padre prima di toccare qualsiasi argomento ha avuto l?intelligenza, la cortesia di guadagnarsi i cuori dei turchi responsabili del popolo, ha cominciato molto bene con il ringraziare per l?accoglienza, ha sottolineato i punti comuni, specialmente durante la visita alla casa di Maria a Efeso che è frequentata anche da musulmani. Ha detto senza dire, e molte resistenze si sono sciolte.
Vita: Lei ha detto che a Gaza sarebbe auspicabile un intervento dell?Onu, come in Libano. Lo crede ancora?
Twal: Siamo rimasti colpiti positivamente dal ruolo assunto dall?Europa e dall?Italia in Libano, un intervento per mettersi in mezzo e separare chi sta combattendo. E abbiamo augurato che accada anche a Gaza. Per anni Israele ha rifiutato, ma so che Olmert è disposto a studiare una proposta. Non sarà la soluzione finale, ma forse servirà a evitare un?ulteriore escalation di violenza.
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