Salute

Il destino di Grace

Perché un malato di Aids in Africa non ha nessuna speranza di salvarsi.

di Carlotta Jesi

Grace Matnanga, ammalata di Aids Grace ha 30 anni, un buon lavoro come venditrice di scarpe al mercato di Lilongwe in Malawi. Ma ha anche il virus dell?Aids. Una volta, qualche anno fa, aveva anche un marito e una figlia, ma l?Hiv se li è portati via entrambi. Finché lavora, può permettersi i 650 kwacha (circa 7.38 dollari) che paga ogni mese per affittare una casa di una stanza e per mangiare: verdure, uova, soya, latte e nsima, un impasto di farina di mais. Se si ammala, però, perderà lavoro, la sua alimentazione peggiorerà e pure la sua salute. Fino a che non morirà diventando una nuova statistica sull?Aids. Se vivesse in un sobborgo di Londra invece che della capitale del Malawi, Grace andrebbe da un medico che le prescriverebbe i farmaci antiretrovirali. Un cocktail di medicine, prese ogni giorno, la terrebbe in vita. Grace sa dei farmaci: sa che potrebbero salvarla e anche che costano 2.500 kwacha al mese (circa 28 dollari). Una somma inimmaginabile, perfino per una donna single che lavora e deve mantenere solo se stessa. Un?enormità in quel pezzo di Africa. Di chi è la colpa se morirà, come accade a una donna su quattro nelle città del Malawi? Athenase Kiromera, medico È uno dei medici che potrebbe aiutarla. Se solo avesse i farmaci per curare i sieropositivi del Malawi che si presentano al Saint Gabriel, l?ospedale di Namitete, una piccola città vicino al confine con lo Zambia e il Mozambique, dove il 70% dei pazienti ha il virus dell?Hiv. Praticamente un lazzaretto. Il dottor Kiromera però quel virus lo può solo diagnosticare, ma non curare. Nel 1985, il medico lavorava con il professor Nathan Clumeck, famoso per aver scoperto i primi casi di Aids in Africa. Avevano l?Azt, il primo farmaco antiretrovirale della GlaxoSmithKline e anche la Didanosine della Bristol Myers Squibb. Quindici anni più tardi, Kiromera non ha nessuno di questi farmaci. E anche se li avesse, come accade nella principale clinica del Malawi costruita apposta per combattere l?Aids con i fondi delle charities straniere, potrebbe darli solo a chi può spendere i 2.500 kwacha al mese necessari per importare gli antiretrovirali dalla Cipla Limited, azienda indiana produttrice di generici. A Grace, il dottor Kiromera può dare solo qualche consiglio, e pregare per lei. Justin Malewezi, politico Come vice presidente del Malawi, avrebbe il potere e il carisma necessari per combattere l?Aids. Attività cui si dedica quasi a tempo pieno. Ma anche a lui, confessa, mancano i soldi. Ha presentato una richiesta di finanziamenti al Fondo globale per la lotta all?Aids, la tubercolosi e la malaria creato da Kofi Annan con l?obiettivo di garantire libero accesso ai farmaci antiretrovirali alle 300mila persone (su oltre 1 milione di infetti) che ne hanno immediato bisogno. Cifra richiesta: 1,62 miliardi di dollari in sette anni. Ha ottenuto 196 milioni per dare farmaci gratuiti a 25mila persone in 5 anni, comunque la cifra più grande stanziata dal Global fund per un singolo Paese. Ma come decidere a chi salvare la vita e a chi no? Malewezi non lo sa. E al momento ha un problema perfino più urgente cui pensare: il Malawi riceverà solo 1,5 milioni di dollari l?anno, sui 12 milioni stanziati per il primo anno, finché non avrà dimostrato che il progetto procede bene. Richard Feachem, direttore del Fondo globale per la lotta all?Aids L?uomo su cui riposano le speranze di milioni di sieropositivi passa le sue giornate facendo la spola tra le capitali più ricche del mondo. In cerca di un po? di umanità e di fondi: nel 2001, quando lanciò il Fondo, Kofi Annan chiese ai Paesi ricchi di donare 10 miliardi di dollari l?anno per battere l?Aids, la tubercolosi e la malaria. Ne ha ricevuti poco più di 2 miliardi, e Feachem se li deve far bastare per un paio d?anni. Sa che la cifra di cui ha bisogno, paragonata agli stanziamenti per l?aiuto allo sviluppo, è molto. “Ma se la paragoniamo agli effetti che questa epidemia avrà sul mondo, un paio di miliardi di dollari sono niente. E poi, come la mettiamo con la guerra in Iraq? Costerà tra i 100 e i 200 miliardi di dollari, paragonati a questa cifra i soldi che chiediamo sono spiccioli”. Yusuf Hamied, boss della Cipla Limited Il barone dei farmaci generici si considera un po? pirata, un po? ladro, un po? Gandhi. Produce copie perfette degli antiretrovirali protetti da patente e li vende a meno di un decimo del loro prezzo. La sua triterapia costa 304 dollari l?anno. Ma rischia di non poterla esportare dall?India ad altri Paesi poveri che non hanno le strutture per produrre i generici se i Paesi membri del Wto non troveranno il modo di applicare l?accordo di Doha sui farmaci essenziali. Nel 2006, infatti, anche i Paesi in via di sviluppo dovranno sottostare alle regole sulla proprietà intellettuale del Wto: se i Paesi poveri come India, Brasile e Thailandia non potranno esportare i loro farmaci generici, l?Africa continuerà a morire di Aids e di malattie curabili in Occidente. Anche Hamied per Grace può fare poco: la Cipla vende una piccola compressa, che raduna tre farmaci antiretrovirali, chiamata Triomune, da prendere due volte al giorno. Il Malawi la compra per il migliaio di pazienti che possono pagarla 28 dollari al mese. E coi 196 milioni che ha ottenuto dal Fondo globale può garantire Triomune a un massimo di altre 25mila persone. Harvey Bale jnr, direttore dell?International federation of Pharmaceutical Manufacturers Association È una delle figure più potenti di uno dei business più potenti al mondo: quello dei farmaci. Da Ginevra, difende gli interessi delle multinazionali farmaceutiche e non gli importa nulla delle proteste di associazioni e attivisti che chiedono ai big dell?industria di abbassare il prezzo dei loro prodotti anti Aids. La sua missione oggi è difendere i brevetti sui farmaci, ovvero il monopolio ventennale che le aziende hanno su ogni nuova medicina prodotta. Monopolio che, secondo Bale, serve a recuperare gli 800 milioni di dollari necessari per fare ricerca e lanciare sul mercato un nuovo farmaco. Resta il fatto che Grace Matnanga è destinata a morire, in un letto di dolore. E di chi è la colpa, secondo lui? “Del fallimento statale. Mi spiace dirlo, ma basta guardare i governi dell?Africa subsahariana: spendono quattro miliardi di euro in nuovi sottomarini e si rifiutano di comprare farmaci antiretrovirali”. Non pensa, il signor Bale, che l?industria farmaceutica abbia l?obbligo morale di fare di più per Grace e per le donne africane come lei? “Sì, lo abbiamo. Ma gli stimoli devono arrivare da fuori, dai governi. Dall?Oms, l?Organizzazione mondiale della sanità, che può giocare un ruolo molto importante”. Graham Dukes, scienziato Professore di farmacoterapia all?Università di Oslo ed ex dirigente della ricerca per la compagnia olandese Organon, contesta il mantra delle aziende farmaceutiche secondo cui 20 anni di brevetto sono necessari per coprire i costi di ricerca e sviluppo di una medicina. Primo, perché un nuovo farmaco non costa 800 milioni di dollari: questa stima è stata fatta nel 1991 dal Tufts Center for the Study of Drug Development finanziato al 65% dalle aziende farmaceutiche. Al netto di spese di marketing e pubblicità, per Dukes la ricerca e sviluppo di un nuovo farmaco varia tra i 100 e i 200 milioni di dollari. “Quella di oggi è una politica suicida, le aziende dovrebbero cominciare a ragionare sul lungo periodo. Ci sono Paesi in via di sviluppo che si stanno davvero sviluppando: se le aziende volessero immettere sul mercato le medicine di cui hanno bisogno a un prezzo basso, sarebbero ricompensate. Ma l?idea di un grande turnover di farmaci con piccole percentuali di guadagni è estranea al pensiero delle aziende farmaceutiche”. Jean Pierre Garnier, direttore della GlaxoSmithKline Dal suo ufficio di Londra, a migliaia di chilometri di distanza dal Malawi, gestisce la seconda azienda farmaceutica del mondo. Ed è convinto che se milioni di persone continuano a morire di Aids in Africa è colpa dei loro governi, inefficienti o disinteressati. Abbassare i prezzi dei suoi farmaci? Garnier ne è convinto, ma non a spese della sua compagnia. Uno dei suoi farmaci, il Combivir, costa 1,70 dollari al giorno. Troppi per gente come Grace, Garnier lo ammette. Difatti ha una proposta: ordinate grandi quantità del farmaco dalla Glaxo, magari per coprire il fabbisogno dell?Africa subsahariana, e il prezzo del farmaco scenderà. E i soldi per comprare le grandi quantità ? “Convincete i Paesi ricchi a donare al Fondo globale per la lotta all?Aids, la tubercolosi e la malaria, così i poveri avranno il denaro per comprare i nostri farmaci. Dopo tutto gestisco un?azienda for profit”. Mentre Garnier tiene in ordine i suoi conti, ci sono 29,4 milioni di poveri che rischiano di morire nell?Africa subsahariana mentre i profitti delle aziende farmaceutiche sono i più alti di ogni altra industria del mondo.


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