Non profit
Il debutto di Maroni in società… civile
A Perugia. Invitati dal Forum del Terzo settore, lex ministra Turco, il neo ministro Maroni e la sottosegretaria Sestini.
Il futuro del Welfare italiano si è fermato, per una giornata intera, a Perugia. è accaduto lo scorso 29 giugno. Protagonisti, dapprima in un centro congressi, e poi sotto un bollente tendone della Terzafesta (primo meeting europeo dedicato alla Grande età, ovvero agli over 65enni), l?ex ministra della Solidarietà sociale, Livia Turco, e il neo ministro al Lavoro e alle politiche sociali, Roberto Maroni. Sono loro gli attori di una giornata davvero diversa nel quadro della politica italiana. Dalle 10 alle 17 via da Roma, ospiti di una manifestazione neonata, senza i clamori dei troppi taccuini e delle tv; dapprima per un confronto, il primo del neo ministro, con il Forum permanente del Terzo settore, e poi a tavola. Niente scorte, niente portaborse, nessun ?mi consenta?. Insomma, una giornata in cui, oltre al dibattito civile, anche il bicchiere di vino e il gesticolare in maniche di camicia ritornano ad avere a che fare con la politica.
Atto primo: l?incontro con il Forum del Terzo settore. «Intanto siete rimasti, in due, ad ascoltarci per oltre tre ore, è un buon inizio», chiosa alle 14 il portavoce del Forum, Edo Patriarca, e subito aggiunge: «Mi auguro sia possibile continuare con voi il buon lavoro fatto con Livia Turco». Gli interventi di molti rappresentanti delle cento organizzazioni aderenti al Forum si erano alternate per tutta la mattinata: la cooperazione sociale, il volontariato, le ong, le associazioni di promozione sociale. E loro, il ministro Maroni e la sottosegretaria, senatrice Grazia Sestini («tutte le deleghe del vecchio ministero degli Affari sociali, tranne l?immigrazione, saranno affidate a lei», annuncia il neo ministro), a prendere appunti, serissimi come matricole. Tocca alla Sestini rompere il ghiaccio: «Ragazzi, concedeteci sei mesi di innamoramento, trattabili». è decisa, appassionata, parla chiaro e a voce alta, come quando faceva la prof. Così scandisce i suoi tre principi: «Io ho una concezione umana per cui la persona è determinata dall?essere e non dal suo status. Confrontiamoci anche su questo, perché anche questa è politica. Altrimenti la politica serve al massimo a produrre atti amministrativi e, forse, delle buone misure assistenziali. Secondo: non bisogna aver paura della competizione (dal latino cum petere, tendere assieme) anche nel settore sociale, perché la competizione fa bene all?ente pubblico. Terzo: noi non siamo innamorati dei ?buoni? come strumento, anzi discutiamone, anche localmente. Siamo innamorati del principio: le famiglie italiane devono tornare a essere protagoniste delle politiche sociali, potendo scegliere, potendo esercitare la loro libertà».
Lui, l?onorevole Maroni, con la sua aria da simpatico studente fuori corso è, invece, estremamente accorto. E guarda ai conti. «Intanto vi ringrazio doppiamente per avermi invitato a discutere con voi e per quest?occasione che permette di conoscerci di più, ma anche perché oggi mi avete salvato dalle trattative estenuanti con i rappresentanti di quasi 30 sigle sindacali. A proposito voi siete più buoni dei sindacati o no?». La platea si divide con leggera prevalenza dei «Siamo più tosti». Poi il ministro snocciola dati di fatto e numeri: «Il primo impegno? è la riorganizzazione del ministero. Come sapete stiamo accorpando un ministero agile, moderno, efficiente, quello degli Affari sociali (120 dipendenti) con un vero pachiderma, il ministero del Lavoro e della previdenza sociale (12mila dipendenti su tutto il territorio nazionale e un budget di 160mila miliardi). Una ricerca ci dice che il 60% del personale è impegnato a gestire il ministero! Vi rendete conto che è una sfida importante, difficile, e io ho voluto dare un segnale immediato e preciso; il ministro si è insediato nella sede del ministero sociale in via Veneto, così che sia chiaro il messaggio: il pachiderma non divorerà il cucciolo, le politiche sociali non saranno politiche di serie B». Poi il neo ministro diventa ragioniere: ?Come sapete il buco che abbiamo trovato nei conti è di dimensioni sorprendenti; perciò nel primo consiglio dei Ministri è stata tagliata la competenza di cassa per tutti i dicasteri del 10%: per quanto mi riguarda significa un taglio di quasi 1.100 miliardi. Insomma, quest?anno tireremo la cinghia. Detto questo, cercherò di spostare risorse dalla spesa assistenziale a quella autenticamente sociale. Attuando le tante cose buone fatte dalla ministra Livia Turco, come la 328, la legge di riforma dell?assistenza. Per il resto non vorrei davvero caratterizzare il mio ministero per la sua produzione legislativa, abbiamo già troppe leggi e uno Stato invasivo, anzi, bisognerà semplificare . Soprattutto in questo settore deve valere il principio di responsabilità e di libertà. Per dirla tutta, credo che neppure gli standard dei servizi debbano essere decisi a livello centrale: dovranno essere gli enti locali, le università a farli. Riguardo al rapporto con il Forum del Terzo settore vi invito a stendere un agenda comune di contenuto su cui confrontarci così che da settembre possa decollare il tavolo di lavoro. Intanto vi annuncio che come primo atto, il 6 luglio, daremo piena attuazione alla legge 283 sull?associazionismo di promozione sociale con un decreto che sancirà l?ingresso di dieci vostri rappresentanti nel Cnel.?
Atto secondo. Livia Turco e Roberto Maroni a tavola. Una tavolata assai poco imbandita e molto popolare, con i suoi piatti di plastica e il menù fisso per tutti i partecipanti al meeting. Con loro, i rappresentanti del Forum. «Sono preoccupato», esordisce Maroni, «continuo a parlar bene di te», dice alla Turco. «Ma lascia stare che siete il mio incubo», ribatte lei, «ho subìto la vostra propaganda sull?immigrazione persino in famiglia». «Non devi prendertela con noi», dice Maroni, «la colpa è della Jervolino. Voi avete fatto la legge e lei l?ha battezzata con una sanatoria per 250mila». «è vero, fu una cavolata», annuisce l?ex ministra. Poi Maroni lancia un?idea anche a quelli del Forum: «Mi spiace che quella legge, che cambierò, porti il tuo nome perché hai fatto un sacco di cose buone. Perché non chiamiamo la riforma 328 ?legge Turco??». «Lascia stare», ribatte lei, «ti sei ricordato di fare tutto che ti ho lasciato scritto?». I due vanno avanti per due ore, sarà il clima, l?estate, o la simpatia di entrambi, ma la politica, così, non è male.
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