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Il ddl Carfagna è già un flop
Lo rivela un rapporto di 26 enti non profit sugli effetti delle ordinanze comunali ispirate al disegno di legge
Meno prostitute in strada dopo il ddl Carfagna? Sì, ma è una sorta di “effetto visivo”: «le reti criminali hanno spostato l’attività verso i luoghi chiusi, meno raggiungibili per gli operatori e quindi più pericolosi per le vittime». Questa la conclusione a cui è arrivato il “Rapporto di monitoraggio sulle ordinanze anti prostituzione”, redatto da ben 26 enti non profit, tra cui Associazione On the Road, Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione (Asgi), Comitato per i Diritti Civili delle Prostitute, Cooperativa Dedalus, Consorzio Nova, Coordinamento Nazionale delle Comunità d’Accoglienza (Cnca) e Movimento di Identità Transessuale (Mit).
«Lanciamo un grido d’allarme», denunciano le associazioni promotrici del Rapporto (scaricabile qui in alto a sinistra), in cui sono state esaminate le ordinanze contro la prostituzione di strada emesse in ben 56 comuni, distribuiti su 20 province e 10 regioni, (con particolare occhio alle periferie delle grandi metropoli), «queste norme di fatto anticipano l’applicazione del disegno di legge proposto dal ministro delle Pari opportunità Mara Carfagna per vietare l’esercizio della prostituzione in “luogo pubblico o aperto al pubblico».
Dal rapporto emerge che dall’approvazione del “pacchetto Maroni”, che l’estate scorsa ha conferito ai sindaci il potere di intervenire in materia di sicurezza pubblica, sono state circa 600 le ordinanze emesse dai Comuni e il 16% di esse ha riguardato la prostituzione in strada. E che «l’unico effetto prodotto dalle ordinanze è quello di spostare temporaneamente il “problema”, senza rispondere all’esigenza di sicurezza dei cittadini e aggravando le condizioni di insicurezza e sfruttamento di chi si prostituisce».
In tutte le aree geografiche monitorate dalle unità di strada delle associazioni è stata registrata una forte riduzione delle presenze in strada nei primi giorni di attuazione delle ordinanze e un significativo spostamento verso aree limitrofe non soggette a tali provvedimenti. Ma il numero delle persone in strada, tuttavia, è generalmente tornato a salire non appena i controlli sono diminuiti. La prima reazione delle reti criminali che controllano la prostituzione è stata quella di intensificare il turn over in strada e di spostare l’attività prostituiva verso i luoghi chiusi: ad esempio, sono aumentati gli annunci di offerta prostituiva in appartamento, molti locali notturni sono diventati punti di offerta anche di prestazioni sessuali a pagamento.
Il documento elenca poi le principali conseguenze registrate da questo “cambio di abitudini”: tra queste, l’aumento della dipendenza dalla rete dello sfruttamento, per il controllo che quest’ultima ha rispetto al reperimento di appartamenti e all’ingresso al lavoro nei night; la diminuzione delle possibilità di contatto con operatori sociali e forze dell’ordine, con una conseguente riduzione delle tutele, dell’informazione e dell’orientamento alle opportunità di uscita dai circuiti di tratta e sfruttamento; un aumento dei rischi connessi alla salute, in quanto lo spostamento verso zone nascoste produce una concentrazione di donne nella stessa area, costrette da tale concorrenza a non rispettare anche le più elementari norme di protezione nei rapporti con i clienti.
In questo quadro, si aggiunge la recente approvazione del disegno di legge sulla sicurezza, che ha introdotto, tra altri provvedimenti, il reato di clandestinità. «La conseguente difficoltà ad accedere anche a basilari servizi pubblici per paura di essere denunciati renderà ancora più difficili le condizioni di vita di tante donne, uomini e minori stranieri che si prostituiscono in Italia in condizioni di forte disagio o di grave sfruttamento. Il Ddl Carfagna, in via di approvazione darebbe loro il colpo di grazia», spiegano le associazioni promotrici del Rapporto, che hanno tenuto un seminario ad hoc lo scorso 7 luglio 2009. «Per ragioni di fatto, quindi non ideologiche, riteniamo inemendabile e totalmente da respingere il disegno di legge predisposto dal Governo e chiedono al ministro di aprire un vero dialogo con gli addetti ai lavori, mai realmente avviato».
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