Politica

Il Darfur, nuova frontiera

Il consiglio di Sicurezza dell'Onu ha deliberato infatti all'unanimità di trovarsi in Africa per affrontare il problema Darfur. Parla il coordinatore dei volontari delle Nazioni Unite (Unv)

di Paolo Manzo

E’ una decisione storica: il consiglio di sicurezza è infatti uscito dal quartier generale l’ultima volta nel ’73 (Panama). In tutta la sua storia è successo solo 11 volte. Accadrà il 18 -19 novembre a Nairobi.
D’altra parte la situazione giustifica tale scelta «Per la prima volta, lo scorso anno a Bagdad” confessa Ad De Raad, dallo scorso anno coordinatore esecutivo del programma dei volontari delle Nazioni Unite (Unv), “la bandiera blu delle Nazioni Unite che in precedenza era sempre stata il miglior strumento per proteggerci, non è servita a nulla. La bomba al quartier generale Onu è stata uno shock enorme per noi». Ha il groppo in gola mentre snocciola a Vita tutti i suoi timori: migliaia di coraggiosi sguinzagliati in ogni parte del mondo dove c?è una crisi, per portare un po? di sostegno e solidarietà alle popolazioni civili del Sud del mondo. Afghanistan, Congo, e Darfur per l’appunto.

In sostanza dappertutto, meno che in Iraq, da dove, dopo quel 19 agosto 2003 in cui esplose quel maledetto camion-bomba che lasciò sul terreno 25 morti tra cui Sergio Vieira de Mello, l?Onu è venuta via. Con tutte le sue agenzie, compreso il programma dei volontari che De Raad guida. Ma sentiamolo questo olandese, che incrociamo a Torino, in occasione del congresso per il centenario dell?Anpas, che ha iniziato a lavorare per l?Undp (United Nations Development Program) 25 anni fa, ?sciroppandosi? un quinquiennio in Bangladesh.

Vita: Perché in Iraq l?Onu è diventato un target?
Ad De Raad: Perché oggi è molto difficile vedere il lavoro dell?Onu come totalmente svincolato dalla politica globale. E dato che quella gente (i terroristi, ndr) ha i propri obiettivi, evidentemente ha scelto noi come target. Per scioccare il mondo. Quella è stata la prima volta in assoluto che le Nazioni Unite sono diventate un obiettivo diretto: quel camion imbottito di esplosivo ci ha cambiato la vita, e il modo di lavorare.
Vita: In Iraq anche gli operatori umanitari delle ong si sono trasformati in target. Che idea s?è fatto?
De Raad: Si tratta di un trend esecrabile, perché questa gente è là solo per aiutare: gli operatori umanitari sono persone coraggiose ed è una pena vedere che, a causa di fallaci considerazioni di strategia politica, siano sempre più frequentemente prese in ostaggio. Purtroppo la mancanza di sicurezza in Iraq impedisce loro di portare a termine i progetti nel modo migliore per la popolazione civile.
Vita: Sulla necessità di coordinare meglio sicurezza, interventi umanitari e politica, l?ex comandante del contingente Onu in Rwanda, Romeo Dallaire, ha detto che la strada da percorrere è ancora molto lunga ( In Iraq l’umanitario é orfano dell’Onu). È d?accordo?
De Raad: Nelle missioni delle Nazioni Unite, ovviamente, ci sono diverse componenti: quella politica, quella militare e quella umanitaria. Molto spesso i nostri volontari sono stati coinvolti, e in posizioni rilevanti, nelle operazioni di peacekeeping, ma sempre sul versante civile. Di certo il principale problema pratico per noi oggi è la sicurezza fisica dei volontari sul campo. E questo, naturalmente, richiede un quantitativo crescente di risorse. Perché c?è bisogno di giudicare sino a dove è possibile spingersi e dove, invece, è bene non esporsi ai rischi crescenti delle zone calde del pianeta. Sa, giudicare questo è difficilissimo.
Vita: Non sarebbe meglio, per garantire la sicurezza ai volontari, avere in appoggio un maggior numero di truppe Onu?
De Raad: Ogni situazione è differente. Certo, più truppe e polizia Onu possono garantire maggior sicurezza, ma lo stesso potrebbe fare il governo ospitante, garantendo le opportune misure di sicurezza agli Unv. Inoltre è anche compito del nostro personale assicurarsi di essere stati informati e formati alla perfezione sui metodi per garantirsi più sicurezza. Di certo, quello della sicurezza è il ?main issue?, il tema più discusso all?interno del nostro programma.
Vita: Quanti sono i volontari Onu?
De Raad: Adesso 6mila.
Vita: In Darfur il loro numero è in costante aumento. Che interventi stanno attuando?
De Raad: La maggior parte è impegnata nel lavoro con i rifugiati, come parte del programma dell?Unchr: il programma dei volontari Onu non fa nulla da solo, ma opera sempre in stretta collaborazione con le altre agenzie delle Nazioni Unite. In futuro i volontari saranno decisivi per ricostruire la società del Darfur e per il rimpatrio e il reintegro degli sfollati interni.
Vita: Qual è il problema maggiore che vorrebbe vedere risolto?
De Raad: Dopo quello pratico, della sicurezza, ne rimane uno a livello concettuale: vorrei che la gente credesse nei volontari che mandiamo in giro, che si rendesse conto della bontà della loro opera, che capisse che non sono degli immaturi, bensì persone professionali e preparate.
Vita: Per tornare in Iraq avete bisogno di un?operazione di peacekeeping autorizzata da una risoluzione Onu?
De Raad: Assolutamente no, sarebbe sufficiente qualsiasi presenza delle Nazioni Unite. Anche il rientro dell?Undp a Bagdad. Comunque deciderà il Consiglio di sicurezza se, come e quando rientreremo in Iraq.

Info:
Per conoscere di più il lavoro dei volontari delle Nazioni Unite: UN Volunteers

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