Famiglia

Il cuore in quei mobili

Letti, armadi, tavoli a cui sono legati gli affetti di tanti sono ancora nelle case pericolanti. Trovare soluzioni è un modo per uscire dall'emergenza

di Antonio Petruzzi

Caro professor Barberi, la gente di Nocera Umbra è stanca. Non ne può più di vivere nei container. È un anno che siamo costretti tutti, io compreso, a stare sotto un tetto di lamiera, e le assicuro che non è piacevole. Facciamo di tutto per far assomigliare queste scatole a case, ci abbiamo messo le tendine e i fiori alle finestre, ma è inutile: non lo sono. Sappiamo anche che nessuno ha la bacchetta magica, e che non potremo ritornare tanto presto nelle nostre abitazioni. Lo sappiamo tanto più noi, amministratori locali, che ogni giorno dobbiamo ripetere alla gente la litania delle cose da fare. La ripeto anche a lei, che pure la conosce a memoria, perché non se la dimentichi. È ora di chiudere la fase dell?emergenza. Per fare questo ci sono tre interventi da mettere subito in pratica: primo, mettere in sicurezza il centro storico. Il nostro borgo medievale è quello che ha risentito maggiormente delle scosse, là sopra è quasi tutto crollato. Dopo un anno, però, molte strutture pericolanti sono ancora lì, senza essere state puntellate. Secondo: portare via gli arredi da quelle case. Voi della Protezione civile le chiamate ?masserizie?. Ma per la gente sono i loro mobili, le loro cucine, i loro letti. Da un anno sono esposti al freddo e alle intemperie nelle case crepate e sventrate. Potremmo portarli via, ma non abbiamo una struttura dove ricoverarli. Terzo: finire di demolire le case pericolanti e portare via le macerie. Sì perché dopo un anno molti detriti sono ancora lì, a ricordare quello che è stato. Nei nostri uffici-container ci sono 400 richieste di intervento da evadere. Ed è solo la prima fase. Poi ci sarà la ricostruzione, e parlo al futuro a ragion veduta. I tempi sono lunghi, lunghissimi. Ma vorrei farle presente due priorità: le scuole e le case popolari. Per queste vorrei fare in fretta, anche per togliere gli anziani dai container e farli vivere in una casa vera. Per le case degli altri miei concittadini, lo so, si dovrà aspettare il nuovo millennio. Ci sono due piani di intervento: uno regionale per le case sparse (abbiamo 40 frazioni) che dovrebbe essere approvato entro l?anno (speriamo); l?altro per i centri abitati veri e propri, per cui tocca a noi elaborare i piani di recupero entro il 26 novembre. Poi dovrano arrivare i finanziamenti, e sarà la parte più importante. Perché senza contributi, lei lo sa, non si ricostruisce. Ma non è finita. Nella ricostruzione dobbiamo tenere conto dei vincoli storici e artistici, la nostra terra è ricca di arte e storia, e si dovrà escogitare un modo per non snaturarla e contemporaneamente attrezzarla contro il rischio sismico. Insomma noi nei prossimi mesi (o anni) di cose da fare ne abbiamo molte. So che anche lei è molto occupato, ma non si dimentichi di noi. Sabato scorso con una cerimonia pubblica le abbiamo dato la cittadinanza onoraria di Nocera, insieme a tutto il Dipartimento e agli altri organismi che ci hanno aiutato neell?emergenza. È stato un modo per dirvi grazie, ma anche una specie di chiamata di responsabilità: adesso anche voi siete nocerini, abbiate cura della vostra città.


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