Mondo

Il cuore dell’Africa ancora in subbuglio

di Giulio Albanese

Le informazioni circolavano da tempo tra i missionari e ieri è arrivata la conferma da Ginevra. L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) ha infatti denunciato l’inasprimento della “campagna di terrore” da parte dei famigerati ribelli nordugandesi del Lord’s Resistance Army (Lra) di Joseph Kony. E a pagare il prezzo più alto, come al solito, la popolazione civile nella Repubblica Centrafricana, nella Repubblica Democratica del Congo (Rdc) e nel Sud Sudan. Dal dicembre 2008, i ribelli hanno assassinato 2mila persone, ne hanno rapite oltre 2.600, causando 400mila sfollati. Dall’inizio dell’anno lo Lra ha compiuto oltre 240 attacchi mortali e almeno 344 persone sono state uccise. L’ultimo episodio è avvenuto domenica scorsa nella città di Birao, nel nord della Repubblica Centrafricana, dove un numero imprecisato di ragazze sono state rapite, le loro case bruciate e i negozi saccheggiati. Come se non bastasse, sempre ieri, il responsabile Onu contro le violenze sessuali in zone di conflitto, Margot Wallstrom, riferendo al Consiglio di Sicurezza, ha denunciato stupri e uccisioni perpetrate dalle truppe congolesi nella stesso settore della Repubblica democratica del Congo dove, tra il 30 luglio e il 2 agosto scorsi, alcuni gruppi di miliziani hanno violentato 303 persone. Questi drammatici fatti di cronaca sono estremamente preoccupanti e soprattutto sintomatici del malessere che interessa vaste regioni dell’Africa Subsahariana. Il problema di fondo è che i governi centrali in molti casi non sono assolutamente in grado di affermare lo stato di diritto per cui la gente viene abbandonata al proprio destino. Ancora una volta – davvero triste doverne prendere atto – la comunità internazionale sta alla finestra a guardare. Basti pensare che i ribelli dello Lra, secondo autorevoli fonti della società civile sud sudanese, si sarebbero nuovamente alleati con le forze governative di Khartoum. Il loro compito sarebbe quello di destabilizzare nelle prossime settimane le regioni meridionali del Sud Sudan per acuire la tensione laddove, il prossimo gennaio, dovrebbe svolgersi il referendum per l’agognata autodeterminazione. Gli interessi in gioco, com’è noto, sono legati soprattutto all’immenso bacino petrolifero presente nel sottosuolo della vastissima regione sudanese. Se a tutto questo aggiungiamo le crisi armate del Darfur e della Somalia, è chiaro che l’Africa (particolarmente la Regione dei Grandi Laghi e il Corno d’Africa) continua ad essere una polveriera.A questo punto non resta che continuare a lottare contro ogni forma di pervicace silenzio.

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