Ue

Il cortocircuito di Fitto: europeista a Bruxelles e sovranista a Roma?

Il commissario designato dal Governo Meloni nei prossimi giorni dovrà passare la tagliola dell'esame dell'Europarlamento dove in passato era già caduto Rocco Buttiglione. Per farlo con ogni probabilità dovrà svestire i panni dei sovranisti di casa nostra. Lo farà?

di Paolo Bergamaschi

Cosa ci fa il rappresentante di un governo a trazione sovranista nella Commissione europea? Bella domanda a cui non è facile dare risposta. La Commissione europea è l’organo di governo che rappresenta, per antonomasia, gli interessi collettivi dell’Unione europea; chi ne fa parte, quindi, dovrebbe agire con spirito e intenti europeisti anteponendo gli obiettivi dell’Ue a quelli del proprio Paese quando questi stridono o divergono. I Commissari, inoltre, hanno il compito di richiamare i Paesi membri che non rispettano i trattati o non applicano le politiche europee. La posizione di Raffaele Fitto, da questo punto di vista, appare alquanto scomoda se non contraddittoria.

I sovranisti sono quelli che sui banchi dell’Europarlamento mostrano in bella evidenza la bandierina del Paese di origine; sono quelli che all’interno delle istituzioni europee sgomitano per imporre la propria agenda cercando di accaparrarsi la fetta più grande di risorse comuni a spese degli altri. Se, poi, aggiungiamo che gli eurodeputati della forza di maggioranza che sostiene il governo italiano lo scorso luglio hanno votato contro la nomina di Ursula Von der Leyen al vertice della Commissione si possono intravedere con largo anticipo gli ostacoli che dovrà superare il candidato designato dall’Italia a ricoprire il ruolo di commissario.

La prima prova, quella del fuoco, è l’audizione di conferma da parte della commissione competente del Parlamento europeo. Non si tratta di una formalità, tutt’altro. Cinque anni fa a farne le spese è stato il candidato proposto dal governo ungherese Laszlo Trocsanyi, un precedente che dovrebbe tenere Fitto sulle spine. Trocsany, al quale era stato assegnato il portafoglio dell’Allargamento e della Politica di Vicinato, fu addirittura silurato in fase preliminare dalla Commissione Giuridica che rilevò un conflitto di interessi a suo carico, oltre a formulare pesanti dubbi sulla sua idoneità che hanno obbligato il primo ministro di Budapest a fare retromarcia indicando, in sostituzione, il nome di Oliver Varhelyi, a quel tempo ambasciatore di Ungheria presso l’Ue.

A Torcsany fu rinfacciato il ruolo giocato come ministro della giustizia nel governo ungherese. «Come è possibile chiedere il rispetto dello stato di diritto ai Paesi candidati all’ingresso nell’Ue se non si è in grado di farlo rispettare a casa propria?» è stato il ragionamento che ha portato la Commissione Giuridica a bocciare l’uomo di Orban. Anche l’audizione di Varhelyi alla Commissione Esteri, tuttavia, non è andata liscia. La sua performance in aula non aveva convinto gli eurodeputati che l’avevano torchiato per più di tre ore per verificarne le capacità e la preparazione. Prima di dare luce verde sono ricorsi ai tempi supplementari richiedendo assicurazioni scritte in risposta a ulteriori domande. Varhelyi è stato in questi giorni riproposto da Orban per un nuovo mandato. Molto probabile che Ursula Von der Leyen gli assegni un portafoglio diverso viste le perduranti frizioni dell’ex ambasciatore con gli eurodeputati che l’hanno aspramente criticato in più occasioni durante la legislatura uscente e non è detto che non venga impallinato dagli stessi alla prossima audizione di conferma.

Per quanto riguarda l’Italia c’è il precedente di Rocco Buttiglione che nel 2004 fu accolto con un fuoco di sbarramento da parte dei membri della Commissione Libertà Pubbliche che portò alla sua bocciatura per le sue posizioni su omosessualità e sul ruolo della donna. La procedura di insediamento dei membri della Commissione è un esercizio improntato alla massima trasparenza nel corso del quale i 25 candidati proposti dai governi, oltre alla presidente Von der Leyen già confermata a luglio e Kaja Kallas designata dal Consiglio come Alto Rappresentante per la Politica Estera (comunque sottoposta a audizione), vengono radiografati dagli eurodeputati che analizzano minuziosamente ogni dettaglio dei trascorsi politici e professionali di ciascuno di loro. Le audizioni sono pubbliche e online. Nei giorni precedenti è pratica corrente per i portatori di interesse, Ong e associazioni di categoria, far pervenire agli eurodeputati le domande che vorrebbero porre. Raffaele Fitto dovrà dimostrare di essere in grado di muoversi in sintonia con le esigenze dell’Unione in modo indipendente dal governo che l’ha proposto. Ovvero negare l’essenza stessa del pensiero sovranista.         

Foto: Sintesi                   

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