Famiglia

Il corso pre-parto? Me lo faccio in biblioteca

Il servizio sperimentale delle Asl torinesi

di Sara De Carli

Fra gli scaffali decine di donne migrante si confrontano con ostetriche e mediatrici culturali: «Questo è un luogo neutro, lontano dai controlli di polizia, per questo vengono», spiega la coordinatrice Fulvia Ranzani Aspetti un bimbo? Vai in biblioteca. La proposta è delle Asl torinesi, che hanno appena inuagurato in sei biblioteche della città un servizio per accompagnare le donne straniere durante la gravidanza e prepararle al parto. Da febbraio e sino alla fine di marzo 2011, una volta alla settimana in biblioteca ci sarà una sorta di corso pre-parto, tenuto da un’ostetrica e da una mediatrice culturale. Arabo, egiziano, nigeriano, cinese, romeno, albanese, inglese: queste le lingue parlate dalle varie mediatrici. L’incontro è gratuito, non c’è bisogno di alcuna prenotazione e ci si può andare tutte le volte che si vuole. Ci ci siede in mezzo ai libri e si parla dei dubbi che assalgono tutte le future mamme del mondo. Otto, tredici, undici pancioni: dopo sole quattro settimane di rodaggio, la cosa funziona già bene. Due delle sei biblioteche sono in zona Porta Nuova, dove ci sono più stranieri, le altre sono nei quartieri dell’Asl 1: a fine gravidanza anche muoversi per la città, si sa, può essere complicato.
«L’idea è nata dall’analisi dei Cedap, i certificati di assistenza al parto», spiega Fulvia Ranzani, ostetrica coordinatrice per la gravidanza dell’Asl Torino 1. «Ci siamo accorti che moltissime donne arrivano in ospedale a partorire senza mai aver fatto una visita ginecologica, un’ecografia, tantomeno un corso di preparazione al parto. Moltissime di queste sono straniere». Così l’Asl ha deciso di finanziare un progetto per scovare queste che definiscono come «gravidanze fragili», andando a cercare le donne nei luoghi che esse normalmente frequentano. Il Comune ci ha messo 75mila euro, per assumere due nuove ostetriche interinali e preparare il materiale. «L’obiettivo è quello di avvicinare le donne, dare loro informazioni sui diversi servizi offerti dai consultori familiari», dice la Ranzani. «L’assistenza ginecologica e il corso pre-parto ovviamente continuano ad essere fatti in consultorio».
Resta il mistero della biblioteca: perché proprio quello è il luogo prescelto? «La biblioteca è un naturale punto di ritrovo che ha il vantaggio di essere un luogo neutro, che non è marcato né come sanitario né come assistenza sociale, concettualmente lontano dal controllo della polizia». Anche questo è un elemento non da poco, visto che in cima alle preoccupazioni delle prime donne che hanno aderito all’iniziativa c’è proprio il sapere, con angoscia, «cosa mi succede se vado in ospedale, visto che sono clandestina». Seguono le domande sull’organizzazione dell’ospedale, se troveranno qualcuno che parla la loro lingua, se ci sarà un medico donna? solo dopo arrivano le domande di tutte sulla gravidanza in generale, come se quello per loro fosse un fatto molto più naturale di quanto lo sia per noi.


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