Appena arrivato in Canada, Papa Francesco ha baciato la mano dell'anziana Alma Desjarlais, sopravvissuta a una scuola residenziale, e ha ricevuto in dono dal Gran Capo Arcand un medaglione di perline. "È un momento molto doloroso per le persone che hanno sofferto nelle scuole", ha dichiarato Desjarlais ai media dopo l'incontro con Francesco. "Ma sono felice di vivere questo giorno e di avere incontrato il Papa”, ha aggiunto. Si tratta della prima visita di Francesco in Canada e della quarta visita papale nella storia del Canada.
"Questo è un momento storico molto importante", ha detto Mabel Brown, 77 anni, sopravvissuta a una scuola residenziale, che ha detto di aver viaggiato fino a Edmonton da Inuvik per sentire le scuse del Papa e trovare il perdono e la guarigione con altri sopravvissuti. "Le cose migliori devono ancora venire", ha detto.
La visita papale in Canada era stata annunciata a maggio, circa sei settimane dopo che il pontefice aveva incontrato a Roma una delegazione di persone delle Prime Nazioni, Métis e Inuit e di sopravvissuti alle scuole residenziali, ricevendo da loro un nuovo invito a compiere il viaggio.
Durante quell'incontro di aprile, Francesco aveva detto che le storie di abusi sui bambini indigeni lo avevano riempito di vergogna e si era scusato con la delegazione per il ruolo che alcuni cattolici avevano avuto nelle loro sofferenze. "Per la deplorevole condotta di quei membri della Chiesa cattolica, chiedo il perdono di Dio e voglio dirvi con tutto il cuore che mi dispiace: Sono molto dispiaciuto", aveva detto.
Un concetto rafforzato ieri dal Santo Padre che oggi celebrerà una messa al Commonwealth Stadium e visiterà Lac Ste. Anne, uno storico luogo di pellegrinaggio per i Métis e i First Nations. Mercoledì lascerà l'Alberta per il Quebec, dove visiterà le Pianure di Abramo e parteciperà alla Santa Messa al Santuario nazionale di Ste. Anne de Beaupré, fuori Quebec City. Venerdì, Papa Francesco si recherà a Iqaluit per incontrare gli ex studenti delle scuole residenziali prima di tornare a Roma.
Il coraggioso viaggio di Francesco ha suscitato sentimenti contrastanti in molti sopravvissuti e nelle loro famiglie. Per coloro che associano la Chiesa agli abusi inflitti dai sacerdoti che gestivano le scuole residenziali, la visita ha riaperto vecchie ferite. Non a caso per ogni evento è stato messo a disposizione dei sopravvissuti il supporto psicologico di 300 volontari.
Per molti cattolici indigeni, la visita è un'opportunità per guarire. "Provo molta emozione perché non avrei mai e poi mai pensato che Papa Francesco sarebbe venuto qui", spiega Mary Kootenayoo, della Nazione Alexis Nakota Sioux. Oggi nonna Mary, è stata cresciuta nella fede cattolica da sua madre, una sopravvissuta alla scuola residenziale, morta l'estate scorsa. "Posso dire che probabilmente mia madre sta sorridendo dal cielo", ha detto.
Victor Buffalo, ex capo della nazione Samson Cree, ha detto di aver pianto guardando le scuse in televisione. "È molto toccante che lo dica", ha detto l'80enne che ha frequentato la Ermineskin Residential School. "La nostra gente ha bisogno di sentirsi dire che i torti subiti devono essere riparati e riconciliati”.
"I miei genitori sono sopravvissuti alle scuole residenziali e anch'io", testimonia l'anziano sopravvissuto Rod Alexis, della Nakota Sioux First Nation. "Ricordo le storie. Il mio defunto padre un giorno mi disse: 'Figliolo, non so come essere un genitore. Ho perso quel dono che ci è stato dato dal Creatore perché ero tutto solo nella scuola residenziale. Molte volte volevo dirti che ti voglio bene, volevo abbracciarti, ma non sapevo come fare". "
Le ferite, insomma, sanguinano ancora e la scoperta di centinaia di tombe senza nome vicino alle scuole residenziali, avvenuta l'anno scorso, le ha riaperte. Ora Francesco cerca di lenirne il dolore. Una scelta coraggiosa ma anche dovuta visto che il governo e le chiese anglicane, unite e presbiteriane del Canada si erano scusate per il loro ruolo nelle scuole residenziali negli anni '90 e avevano adempiuto ai loro obblighi finanziari nei confronti dei sopravvissuti in base a un accordo del 2006.
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