Volontariato

Il cooperante Johnny guarda all’Europa

Bergamasco, 39 anni, di cui più di venti trascorsi nella cooperazione sociale. Parla Dotti, nuova guida del consorzio

di Francesco Agresti

Bergamasco, sposato, padre di una bambina, 39 anni, più della metà spesi nel volontariato e nella cooperazione sociale. Johnny Dotti è il nuovo presidente di Cgm, il più grande consorzio italiano di cooperative sociali. Raccoglie un?eredità pesante: sotto la guida di Livia Consolo, il consorzio ha triplicato il fatturato, passato da 250 a 750 milioni di euro, e raddoppiato il numero dei consorziati. Dopo un?esperienza in un?associazione, nel 1985 entra in cooperativa, presso la quale, quando può, fa ancora volontariato. Dal ?92 al ?95 è al Solco di Bergamo, nel ?94 si occupa del programma qualità e minori a Cgm, due anni più tardi entra nello staff del presidente, nel ?99 viene nominato consigliere delegato e segue l?attività economico manageriale del consorzio.
Vita: Quando ha iniziato a interessarsi di cooperazione sociale, avrebbe mai pensato di arrivare alla giuda di una delle principali realtà nazionali ed europee?
Johnny Dotti: Assolutamente no. Non ho il senso della carriera, mi sento come un nano sulle spalle dei giganti: le persone che mi hanno preceduto. Grazie a loro ho la possibilità di avere una visuale più ampia per riuscire a vedere oltre. Ma non mi sento un uomo solo al comando. Penso di non essere molto diverso da quello che ero venti anni fa, vado ancora cercando le stesse cose
Vita: Cioè?
Dotti: Credo nella giustizia sociale come mezzo per realizzare se stessi e nella responsabilità delle persone come strumento per raggiungere il bene comune. Ricordo spesso una frase di Giuseppe Filippini, «Non per servirsi ma per servire»: trovo che il senso di questo pensiero sia liberatorio, permette di lavorare con libertà di spirito al servizio degli altri.
Vita: Il consiglio di amministrazione ha approvato un documento programmatico. Quali sono le linee guida?
Dotti: Il nuovo documento programmatico è frutto di un anno di lavoro e confronto. La prima novità è organizzativa: il cda non sarà l?unico ente decisionale, a livello istituzionale attueremo un progressivo decentramento a favore di 7 poli territoriali che diventeranno presto 9. Il Collegio di revisione della base sociale controllerà le imprese che chiedono di aderire, una funzione necessaria visto che i nostri consorziati crescono a una media del 20% l?anno. Ci saranno poi delle commissioni tematiche, un Comitato di saggi, oltre a un consolidato e competente Collegio dei sindaci.
Vita: E invece dal punto di vista operativo?
Dotti: In questi tre anni punteremo a un allargamento al Centro Nord e al consolidamento delle realtà al Sud. Uno dei nostri obiettivi è quello di conquistare quote di mercato smarcandoci dalla dipendenza dalle pubbliche amministrazioni. Oggi le nostre cooperative di tipo B lavorano per il 60% con il pubblico e per il 40% con il privato e con quelle di tipo A la percentuale di committenti pubblici sale all?80%. Svilupperemo una serie di servizi di consulenza e formativi che ci permetteranno di rivolgerci alle famiglie, alle fondazioni e ad altri soggetti privati. Proseguiremo, inoltre, a costruire strategie di sviluppo per la cooperazione sociale in stretta collaborazione con Confcooperative e Federsolidarietà. Continueremo ad allargare l?orizzonte oltre i confini nazionali non solo per instaurare rapporti di collaborazione, ma anche per trovare nuove opportunità di sviluppo, instaurare rapporti commerciali e di scambio di know-how per le nostre imprese. Economicamente cercheremo di rafforzare la partecipazione nel capitale sociale dei soci delle cooperative consorziate, ad esempio fissando a 1.500 euro la quota sociale, perché crediamo che serva a responsabilizzare ancora di più le persone.
Vita: E i rapporti con l??altra? cooperazione?
Dotti: Siamo stati sempre interessati a capire che ruolo può avere l?impresa sociale con lo sviluppo locale, quindi amplieremo i rapporti non solo con le ong ma anche con le cooperative di consumo, di credito, edilizie, di turismo cercando di stringere alleanze concrete.
Vita: Cosa pensa della legge delega sull?impresa sociale?
Dotti: Abbiamo ?registrato? il nome impresa sociale dieci anni fa. Con la nostra attività abbiamo dimostrato finora di essere in grado di inventare nuovi mercati, costruire valore in un ?non mercato sociale? caratterizzato da monopolio.
Vita: Chi è in questo caso il monopolista, lo Stato?
Dotti: E chi se no! L?erogazione di servizi pubblici è stata utilizzata come strumento per gestire il consenso: lo Stato non può essere il soggetto che regola le transazioni delle relazioni umane, la burocrazia dovrebbe limitarsi a definire un quadro di regole certe e fare in modo che siano effettive. Mi piacerebbe che i servizi sociali locali diventassero delle agenzie di sviluppo della comunità, della dignità di ognuno e momenti di partecipazione attiva.
Vita: Invece, tornando alla legge?
Dotti: Faremo i conti con il contesto che verrà a crearsi convinti che non si vive per legge.
Vita: A chi deve la sua elezione?
Dotti: Il primo pensiero va a mia moglie, una donna eccezionale, e alla piccola comunità con cui conviviamo da 12 anni condividendo alcuni momenti della vita privata: dalla cena alla preghiera, alla spesa. Se non fossi certo della presenza di queste persone accanto a mia moglie e a mia figlia, non riuscirei a lavorare con serenità. Se ho potuto dedicarmi alla mia attività è perché ci sono loro. Per quello che riguarda la mia organizzazione, voglio ricordare in particolare Livia Consolo, Felice Scalvini, Alessandro Giussani, Emma Tonini e Michele Finizio.
Vita: Qual è la prima cosa che ha fatto da presidente?
Dotti: Ho firmato l?atto costitutivo di un?associazione di grandi gruppi cooperativi europei cui parteciperanno organizzazioni con finalità simili alle nostre: per ora, oltre a Cgm, ne fanno parte Mondragon e un gruppo valenciano. Sarà un modo per svolgere attività di lobby a livello comunitario e per esaminare nuove opportunità di sviluppo.
Vita: Cosa augura a se stesso?
Dotti: Di essere riconosciuto per l?autorevolezza conquistata con il lavoro e non tanto per il ruolo che ricopro. Sono convinto che l?autorevolezza venga prima del ruolo.

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