Economia

Il convegno

Il 4 luglio 2008 si è svolto a Milano, presso la Sala Convegni ABI, il convegno dal titolo Cittadinanza d’impresa: l’impegno delle banche all’interno della comunità, organizzato da VITA Consulting allo scopo di presentare i risultati dell’indagi

di Staff

Il 4 luglio 2008 si è svolto a Milano, il convegno dal titolo Cittadinanza d’impresa: l’impegno delle banche all’interno della comunità, organizzato da VITA Consulting.

L’idea alla base dell’appuntamento è quella di rapportare la prospettiva della CSR a quella della socialità della banca, ovvero sottolineare che la banca è un’impresa che per l’attività che svolge ha un forte impatto sociale.

Tale impatto si articola in impatto diffuso sui sistemi economici, impatto di tipo strutturale sui processi decisionali e impatto sul benessere degli operatori. Inoltre l’azione della banca afferma alcuni dei valori determinanti di una comunità proprio per il suo ruolo di intermediatrice di progetti, i progetti che a lungo termine saranno finanziati diventeranno spina dorsale della vita socio economica della comunità locale. La banca infatti sostiene lo scambio finanziario dietro al quale ci sono però progetti reali e ipotesi sul proprio futuro.

Il punto di vista delle banche

Secondo Mario Masini, Ordinario di Economia dell’Università degli Studi di Bergamo, la banca ha un grande potenziale di espressione sulle frontiere inesplorate della CSR, il grande sforzo risiede nell’interpretazione di queste potenzialità con logica imprenditoriale mettendo in campo il cambiamento profondo con meccanismi operativi nuovi, prodotti nuovi e una nuova organizzazione.


Secondo Gianna Zappi, Responsabile CSR di ABI, la CSR deve essere presentata alle imprese bancarie come un elemento profondamente connesso al fare impresa e quindi in ottica imprenditoriale affinché i suoi risultati possano essere registrati sopra all’ultima riga di conto economico e non sotto.

Nel mandato delle banche c’è l’attenzione al territorio e l’attenzione al sociale, inteso non come filantropia ma come interazione con la comunità, la differenza sostanziale è la logica strategica ed intenzionale di processo dietro a questo tema. La csr deve essere scelta volontariamente e presentata al CdA come volontà della banca di agire in modo multistakeholder.


I principi individuati da ABI per l’impresa socialmente responsabile sono riassumibili in: trasparenza dell’informazione, prospettiva strategica di lungo periodo, modelli di gestione “aperti” alla relazione con gli stakeholder e orientamento all’autovalutazione e al miglioramento continuo.

La CSR viene interpretata come asset competitivo per le singole imprese, come modalità di gestione per intercettare la domanda e rinsaldare la fiducia nel sistema creditizio e come opportunità di business connessa al sempre più evidente legame tra i comportamenti che costruiscono credibilità e reputazione ed il gradimento del mercato.


Il punto di vista del Terzo Settore

Dal mondo del volontariato lombardo, rappresentato da Marco Pietripaoli, Presidente del Ciessevi di Milano e provincia, emerge un confronto serrato tra le possibilità di accesso al credito in prima istanza e alla filantropia delle associazioni.


Per quanto riguarda la filantropia dall’indagine di VITA emerge che un terzo dei gruppi bancari dichiara che le azioni di Corporate Giving sono liberamente gestite dalle singole banche locali. Le associazioni di volontariato, invece, risultano caratterizzata dalla microterritorialità nell’oltre i due terzi dei casi segnando così una netta distanza tra le potenziali erogazioni bancarie e l’accesso alla filantropia.


Nel rapporto tra banca e volontariato sussistono secondo Marco Pietripaoli, direttore del Ciessevi, tre ordini di problemi: le capacità progettuali, le risorse economiche in campo e il fabbisogno finanziario.

Le organizzazioni di volontariato mediamente non hanno spiccate capacità progettuale verso la sostenibilità nel tempo dei propri progetti perché operano sui bisogni emergenti e per sopperire alle carenze del welfare. D’altra parte le banche devono necessariamente affinare la propria capacità di interpretazione dei progetti e delle potenzialità del terzo settore. Il nodo è selezionare le iniziative locali meritevoli e mettere a disposizione le risorse congrue a realizzarli, incentivare processi multistakeholder nei quali la banca risulta essere uno stakeholder coinvolto anche dal punto di vista economico.


Infine dal punto di vista finanziario si incontrano tre tipi di criticità. La valutazione del merito di credito dei soggetti del terzo settore che mal si combina con i nuovi criteri di Basilea 2, la richiesta di garanzie per l’accesso al credito e i tassi di interesse. Infatti, laddove, prima della crisi dei mutui, l’indice di sofferenza del sistema creditizio era di circa il 4%, i sistemi finanziari orientati al mondo del terzo settore hanno registrato indici di sofferenza abbondantemente al di sotto dell’1%. Investire nel terzo settore è quindi meno rischioso e questa minore rischiosità dovrebbe essere rispecchiata nel costo del denaro.


Secondo Claudia Fiaschi, presidente del Gruppo Cooperativo CGM, “C’è bisogno di risposte nuove ai bisogni perché le risposte date sino ad ora manifestano segni di insufficienza totale”.

Il Terzo Settore negli ultimi anni ha analizzato i propri processi e compreso che non è possibile “farcela da soli”, gli investimenti sono superiori alla capacità di capitalizzazione del sistema, vi è quindi la necessità di condividere la responsabilità dello sviluppo della comunità con gli stakeholder presenti ed in particolar modo con le banche.

Trasformare un rapporto, quello tra banca e terzo settore, squisitamente commerciale in una partnership finalizzata alla realizzazione di un progetto comune di sviluppo in cui ogni partner giochi un ruolo coerente alla propria mission ed alla propria organizzazione.

 


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