E’ stridente, forte, quasi inaccettabile, in queste ore, il contrasto, per noi italiani, fra due situazioni, contemporanee, delle giornate pasquali. Da un lato la gioiosa macchina comunicativa di Papa Francesco, che risveglia le coscienze rattrappite e quasi rassegnate di molti cristiani più o meno tiepidi. Dall’altro la cupa sensazione di disastro incombente che accompagna le convulse fasi delle consultazioni per la formazione di un nuovo governo.
Solo per un attimo abbiamo nutrito l’illusione che il vento del cambiamento e della speranza, alimentato dalla sorprendente scelta di eleggere il cardinale argentino Bergoglio, in pochi giorni di conclave, al posto del vivente Joseph Ratzinger, soffiasse impetuoso anche al di là del Tevere. La nomina di Laura Boldrini e di Pietro Grasso, pochi giorni dopo, ha rappresentato per molti di noi un segnale importante di novità, persino di coraggio. Le parole in aula pronunciate dal nuovo presidente della Camera, ad esempio, sembravano quasi saldare in un medesimo disegno imperscrutabile questo possibile cambiamento di rotta.
E invece adesso, qualunque decisione prenda stasera il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, sappiamo benissimo che vivremo la Pasqua in modo decisamente scisso, quasi bipolare. Troveremo conforto nelle immagini provenienti dalla Roma dei credenti (e questo atteggiamento positivo sta riguardando tantissimi laici, forse ancor più ottimisti dei cattolici praticanti) e le confronteremo, con ansia mista ad angoscia, con le alchimie di un’intesa rabberciata e precaria, destinata tutt’al più a portarci al più presto a nuove elezioni, e forse a nuovi disastri.
Convivere con le due situazioni non sarà facile, neppure emotivamente. Abbiamo un bisogno disperato di speranza, se mi si consente l’ossimoro. L’augurio è che in qualche modo le due Pasque si riuniscano, nel giorno della Resurrezione. In tutti i sensi. Forse ce lo meritiamo. Anche se su questo punto comincio a nutrire seri dubbi.
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