Sostenibilità

Il consumatore è forte: si è armato di carota

Dilaga lo stile Carrotmob. Ecco di cosa si tratta

di Carlotta Jesi

Dimenticate il boicottaggio. Il modo più efficace per spronare le aziende a diventare verdi e socialmente responsabili non è farle guadagnare di meno, ma di più. Ingolosendole con la prospettiva di fare soldi, tanti e subito. È la filosofia del Carrotmob, una forma di attivismo inventata a San Francisco che ribalta la regola del bastone e la carota – meno bacchettate e più vantaggi per gli imprenditori – e fa sua la tecnica dei flashmob, i ritrovi di massa di persone convocati via YouTube, Facebook e Twitter.
L’idea è del 28enne Brent Schulkin. A marzo del 2008 ha fatto a 23 negozianti di San Francisco una promessa singolare: il sabato successivo avrebbe portato una valanga di nuovi clienti all’esercente che si impegnava a investire la maggiore percentuale di incasso della giornata per diventare più ecosostenibile. Una “carota” che il vincitore, un piccolo drug store, ha quantificato sette giorni dopo con un incasso di 9.200 dollari, quattro volte tanto il guadagno di un sabato normale. Il 22% dell’incasso – circa duemila dollari – è stato usato per dotarsi di un sistema di illuminazione a risparmio energetico.
«Il boicottaggio, le cause e altre forme tradizionali di attivismo che consistono nel punire le aziende sono sempre forme di azione contro un nemico, il carrotmob si basa invece su un principio di collaborazione», spiega Brent, che fa proseliti. Cliccate, per credere, sulla Google Maps dei Carrotmobs pubblicata sul sito Carrotmob.org: oltre a 25 città americane, il simbolo della carota campeggia su Germania, Francia, Belgio, Svizzera, Olanda, Finlanda, Australia, Brasile e Canada. Ovunque, ingrediente imprescindibile di un carrotmob di successo è la collaborazione con associazioni e ong impegnate sul territorio: sono loro ad analizzare la situazione degli esercizi commerciali e a fissare le priorità di interventi con il denaro raccolto durante la giornata di acquisto di massa.
Prossimo passo: l’estensione di questa forma di attivismo ad aziende di maggiori dimensioni. «Più difficili da controllare e da ingolosire», ammette Schulkin, che però sa di essere sulla strada giusta: «Cosa vuole ogni azienda del mondo? Fare profitto. E noi l’aiutiamo a raggiungere questo obiettivo». Non solo con i mob: l’attivista ha, infatti, creato Virgance, incubatore di piccole organizzazioni che lavorano insieme per promuovere ed efficientare sfide sociali ed ambientali. Qualche esempio? 1BOG, un progetto di comunità che organizza gli abitanti di un quartiere di San Francisco per negoziare sconti di gruppo con le aziende che installano pannelli solari.

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