Politica
Il Coni risparmia ma solo sui poveri
Solo 100 milioni su un bilancio di 1000 miliardi: questa la cifra che il Comitato olimpico ha speso per aiutare lo sport nei Paesi in difficoltà.
L?invito era chiaro ed esplicito: il movimento olimpico deve fare del suo meglio per aiutare la riduzione delle disuguaglianze nello sport tra i Paesi economicamente avanzati e quelli in via di sviluppo. La direttiva arrivata due anni fa dal Cio (Comitato internazionale olimpico), il massimo organismo internazionale in materia di sport e indirizzata ai Comitati olimpici nazionali conteneva un messaggio nuovo per quel mondo dello sport ufficiale più proteso alla conquista forsennata delle medaglie per la gloria nazionale, che a guardarsi intorno e aiutare i Paesi in ritardo sul piano dell?organizzazione e della promozione sportiva. Non solo: il Cio invitava anche i governi e le organizzazioni internazionali a inserire lo sport nella Cooperazione allo sviluppo.
Che ne è stata di questa raccomandazione e quanta è stata presa sul serio dal nostro Comitato olimpico nazionale? Abbiamo fatto una piccola indagine e quel che abbiamo scoperto è davvero sorprendente. Ecco perché.
Il Coni durante gli ultimi due anni ha firmato protocolli di collaborazione validi quattro anni con numerosi Paesi dell?area medio orientale e dell?America Latina, come Iran, Libia, Turchia, dell?ex Unione Sovietica Bielorussia ed Estonia e dell?area balcanica come l?Albania e la Macedonia. Insomma, si è dato da fare per non deludere le raccomandazioni e le attese del Cio.
Tutto bene allora? Niente affatto. Se guardiamo bene quegli accordi, scopriamo che la cooperazione ?made in Coni?, si è limitata a qualche corso di aggiornamento per allenatori venuti dall?estero, oppure a ospitare squadre di calcio come l?Iran, che prima dei Campionati mondiali disputatisi in Francia ha svolto la preparazione atletica in Italia. Il tutto a spese dei Paesi che inviano i loro atleti e allenatori, perché il contributo del Coni è soltanto di tipo tecnico. Così, i fondi destinate alla cooperazione, sono stati spesi solo per pagare i nostri tecnici inviati nei centri sportivi di questi Paesi e non viceversa. Una collaborazione che non comporta dispendio di particolari capitali, tanto che il massimo ente sportivo ha speso appena 100 milioni per la cooperazione tecnica internazionale, su un bilancio annuale che sfiora i 1000 miliardi. Insomma, alla cooperazione è andato lo 0,01 per cento del Pil targato Coni. Briciole, insomma, che se paragonate ai quattrini investiti e alle iniziative realizzate sullo stesso fronte dagli enti di promozione sportiva, diventano addirittura scandalose.
L?Uisp (Unione italiana sport per tutti) dal 1995 si è impegnata a riorganizzare lo sport a Sarajevo, Monstar e Tuzla. «A Sarajevo abbiamo inviato un miliardo e mezzo di materiale sportivo, mentre nel quartiere Dobronzja abbiamo ricostruito un palazzetto dello sport. In questi mesi siamo impegnati a riorganizzare la federazione di atletica leggera», afferma Gabriella Stramaccioni dell?Uisp. «A Tuzla abbiamo rifornito di attrezzature sportive dieci palestre di scuole medie, mentre l?anno prossimo saremo impegnati nella riorganizzazione dello sport nel Kossovo, da dove sono tornata pochi giorni fa. Qui non hanno bisogno di soldi, ma della formazione dei dirigenti, perciò invieremo sessanta nostri operatori». Anche in Somalia gli operatori dell?Uisp sono stati impegnati per sei mesi nella formazione di allenatori e nella organizzazione dello sport a Mogadiscio, dove l?ente sportivo ha investito 300 milioni in attrezzature e tornei. E che ne dice della politica del Coni? «Sì, per la promozione dello sport in Somalia», fa sapere Stramaccioni, «c?è anche un responsabile del Coni, che però non abbiamo mai visto a Mogadiscio. Per la semplice ragione che questo dirigente soggiorna abitualmente in Egitto!». Un bel esempio di osservatore sul campo.
Sul campo, invece, ci sta il Csi (Centro sportivo italiano): grazie all?impegno volontario dei suoi dirigenti e allenatori, dal 1995 ha promosso ?Sport for Africa?, aiutando il Camerun a organizzare lo sport sociale e provvedendo ogni anno alla formazione di centinaia di tecnici nell?atletica, nel calcio, nella pallamano e pallavolo. Il risultato di questo lavoro è che in Camerun è sorto un Csi operativo sul territorio nazionale. «Anche in Albania abbiamo formato maestri di scuole elementari per la promozione di attività motorie per i bambini che in passato praticavano solo attività finalizzate all?attività militare», afferma Leo Leone del Csi. «Nel centro sud dell?Albania abbiamo provveduto alla formazione di insegnanti di educazione fisica delle scuole medie e delle superiori e tradotto in albanese testi di pallavolo, calcio e atletica. Presto avvieremo il programma Eurathlon, finanziato dalla Comunità europea, per potenziare lo sport sul territorio», conclude Leone.
Alla cooperazione sportiva il Csi e l?Uisp hanno riservato due miliardi delle loro magre casse, 20 volte di più di quei miseri cento milioni del miliardario Coni.
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