Immigrazione
Il confine di fango e violenza tra Polonia e Bielorussia
Abusi e negazione dei diritti: il dramma di chi cerca asilo in un'Europa che chiude le porte. «È una crisi umanitaria che dura da tre anni, ma al Governo polacco non importa del rispetto dei diritti umani», spiega Ola Gulińska, advocacy leader dell'ong polacca Egala

Violenza fisica, psicologica e a volte anche sessuale. È quanto si trovano ad affrontare le persone in movimento respinte al confine tra Bielorussia e Polonia. A tutto questo vanno aggiunte le difficoltà dovute al clima: il confine tra i due Paesi è costituito da chilometri e chilometri di foresta e terreno paludoso, che queste persone si trovano costretti a percorrere con temperature sotto lo zero, esponendosi al rischio di ipotermia, per evitare di dover presentarsi di nuovo ai valichi ufficiali. Provenienti soprattutto da Siria, Etiopia, Somalia, Eritrea, Sudan e Yemen, la loro richiesta di asilo non viene accolta. È quanto segnalato dal report Brutal barries pubblicato a marzo da “Oxfam” ed “Egala“, una ong polacca nata nel 2021 proprio per fornire gli aiuti umanitari necessari, i primi soccorsi medici e il supporto legale, psicologico e materiale alle persone al confine.
«Questi migranti sono vittima di un ping pong», spiega a VITA Ola Gulińska, advocacy leader di Egala. «La polizia di frontiera bielorussa li spinge, anche con violenza, a passare verso la Polonia. La polizia polacca, però, li ricaccia indietro con ancora più violenza, impedendo le domande di asilo e contravvenendo alle leggi internazionali». Le persone in movimento vengono insultate, picchiate, colpite da proiettili di gomma e attaccate dai cani sia da una parte che dall’altra del confine. Inoltre, le testimonianze di stupri e stupri di gruppo raccolte da Egala e altre ong sono diverse.
Un viaggio al freddo e senza assistenza
Dopo essere state illegalmente respinte, le persone in movimento sono costrette o a tentare un nuovo accesso tramite la frontiera, con annessi rischi, oppure a provare a trovare un passaggio lontano dai posti di blocco. Più che le reti metalliche, il filo spinato e le telecamere disseminate ovunque per intercettare chi prova a passare il confine illegalmente, il problema principale è rappresentato dalle condizioni stesse del terreno. Il confine tra Polonia e Bielorussia, infatti, è freddo e inospitale. In inverno la temperatura può scendere sotto i 20 gradi. La mancanza di acqua, invece, pulita può causare disidratazione oppure infezioni per chi beve acqua stagnante. Le persone, avvisa il report, possono rimanere intrappolate nella foresta di Białowieża anche per mesi, senza possibilità di assistenza. Per diversi kilometri, infatti, si estende una no-entry zone che impedisce a ong e giornalisti di avvicinarsi al confine. «È un problema grave. Se non possiamo avvicinarci, non possiamo monitorare in maniera diretta la violenza e la situazione generale», commenta Gulińska.
Per comprendere le difficoltà di intervento umanitario basta osservare il divario di casi di respingimento segnalati da “We are monitoring association”, usati da Egala nel proprio report, e quelli comunicati dalla Polonia. Nel 2024, i casi documentati dalla ong sono stati 3.183, coinvolgendo 1.555 persone diverse. Secondo i dati della polizia di frontiera polacca, invece, ci sono stati 14.580 respingimenti. Un divario enorme, dovuto all’impossibilità di osservare quotidianamente quello che avviene al confine.
In ogni caso, sottolinea Gulińska, «siccome in certi punti la no entry zone è stretta, a volte riusciamo a entrare senza permesso delle autorità e in questo modo dare cibo, vestiti asciutti e medicine alle persone che incontriamo. A volte diamo loro anche dei telefoni cellulari, perché capita che durante il respingimento alla frontiera la polizia li distrugga e così poi i migranti si trovano a dover fare il viaggio nella foresta senza possibilità di contattare i soccorsi».
Una violenza sistematica che dura da tre anni
I migranti al confine tra Bielorussia e Polonia, dunque, si trovano in una situazione doppiamente critica. Da un lato un viaggio disperato e difficilissimo, dall’altro i respingimenti polacchi. Gulińska denuncia la sistematicità di questa violenza. «È una crisi umanitaria in corso da tre anni che si sta aggravando, anche perché è appena stata approvata una nuova legge che impedisce la domanda di asilo per chi entra dalla Bielorussia. Già era impossibile appellarsi alla legge internazionale prima, ora lo sarà ancora di più».
Il contrasto dell’immigrazione è una delle preoccupazioni principali di tutti gli ultimi governi polacchi, compreso quello attuale guidato da Donald Tusk. «Ogni giorno assistiamo a 100, 150, persino 200 tentativi di attraversare illegalmente il confine», ha detto recentemente il primo ministro. «Ma la Polonia ha già abbastanza fardelli, quindi non accetteremo nessuno».
«Purtroppo, la società polacca è favorevole a un restringimento delle politiche migratorie ed è indifferente rispetto ai problemi che tutto questo causa. Forse ciò è legato anche a una certa xenofobia, perché la gente è stanca e ha paura delle tensioni con la Bielorussia», sottolinea Gulińska. Il Governo, infatti, giustifica le sue azioni indicando nei vicini di casa una minaccia e nei migranti che transitano da lì uno strumento di pressione. «Hanno persino provato a spiegarci che la no-entry zone è stata costituita per proteggerci da un possibile attacco bielorusso, ma non gli crediamo», spiega ancora l’attivista. «La verità è che al Governo non importa del rispetto dei diritti umani».
Credit Foto: AP Photo/Czarek Sokolowski/LaPresse
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