S covare un capopopolo che inviti al vandalismo tra i leader della nuova protesta studentesca è come vincere il Superenalotto. Stessa probabilità. L’equilibrismo è un gioco pericoloso ma i capofila della lotta paiono trovarlo un elementare esercizio di stile. In Sud America alle proteste infuocate si risponde con gli idranti. In Inghilterra, agenti sui destrieri delegano l’ascolto del malcontento popolare ai quadrupedi. In Italia, invece, si risolve tutto in ben altra maniera. Al cellulare.
Più con Cassano che con il Che
L’idea romatica, e romanzata, del leader silenzioso avvolto nella coltre fumosa del proprio sigaro non regge più. Sarà che i tempi cambiano. Fatto sta che i novelli leader parlano, eccome. Ognuno ha il proprio stile, non v’è dubbio. Ma mai come adesso questo stile è inconsciamente figlio del momento. Politica e calcio, da che mondo è mondo, hanno sempre avuto poco da spartire seriamente. Eppure nuove commistioni hanno messo in panchina il “Che” e anche in politica si vota Antonio. Cassano.
Probabilmente in gioco ci saranno questioni capaci di far tremare il Palazzo. Dev’essere per questo, forse, che i segreti un tempo custoditi dai muri ora aleggiano nelle mani poste a scudo del labiale. Se lo fa Fantantonio? Ecco la nuova frontiera della comunicazione. Cosa si comunichi, poi, è impossibile saperlo. Una mano davanti alla bocca è segno di buona educazione, quando si sbadiglia. Vuoi vedere che lo è diventata anche quando non si ha niente da dire? Eppure l’intensità della giornata di chi organizza la protesta universitaria la si percepisce proprio dalla hot line.
Sempre in diretta
Ogni quarto d’ora aggiornano le agenzie di stampa e prendono informazioni su quel che accade altrove. Dialogano con le forze dell’ordine. Un filo diretto li unisce alle redazioni dei giornali e ad inviati più o meno speciali che gli fanno la corte. Muovono la cronaca, nazionale e locale. Imparano a usare e farsi usare dai media. Stage formativo e gratuito, per chi sa smarcarsi dalla logica stringente del momento. Rimane solo il dilemma di chi paghi le bollette. Visti i tagli, di sicuro non l’università.
A fine giornata è poi il turno delle telecamere, ultima e adorata fatica mediatica. Improvvisamente catapultati nel vortice della storia, di una storia ancora tutta da scrivere ma che inevitabilmente passa anche per le loro mani, si sono assunti il compito della stesura di un paragrafo. Pensarli ingenui è un lato della medaglia. Osservare quanti mezzi abbiano a disposizione, e come li sfruttino, l’altro. Qualche giorno fa, invitato alla Statale di Milano, Dario Fo esprimeva la seguente considerazione: «Rispetto agli anni 70 è una protesta meno idealistica e più pratica». Sulla praticità poco da dire. È davvero una questione spiccia, o meglio, di spicci. E non pochi. Tenerlo presente può salvare dalla tentazione di prendersi troppo sul serio, mancando il vero bersaglio, e dalla pia illusione incarnata da un personaggio di Woody Allen nel film Amore e guerra : «Il mio nome resterà nella storia, Pinco Pallino».
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