Sostenibilità
Il codice anti scempiorischia il naufragio
norme a metà Paesaggio, parla il padre della riforma
di Redazione
A chi appartiene il paesaggio? La risposta è già nella nostra Costituzione. L’articolo 9 dice che «la Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della nazione». Ecomondo ne ha parlato con il professor Salvatore Settis, direttore della Normale di Pisa, presidente della commissione incaricata dal ministro Rutelli della riforma del Codice dei beni culturali. Una riforma attesa, che ora rischia di non diventare legge per lo scioglimento delle Camere.
Ecomondo: Perché c’è bisogno di modificare l’attuale Codice Urbani?
Salvatore Settis: Il paesaggio è stato e continua a essere devastato dappertutto in Italia. Negli anni, i Comuni hanno assunto gradualmente più potere, in modo improprio. Lo Stato delega alle Regioni il compito di stilare piani territoriali, ma questo non viene fatto. A loro volta le Regioni subdelegano agli enti locali. Non sempre c’è la volontà di devastare, spesso si tratta di mancanza di mezzi e competenze. Capita, ad esempio, che un Comune con meno di mille abitanti si trovi a gestire un patrimonio enorme dal punto di vista culturale e paesaggistico. È evidente che non può avere i mezzi necessari a dare risposte adeguate.
Ecomondo:Quali sono i punti importanti del nuovo codice?
Settis:Innanzitutto si stabilisce che la tutela del paesaggio è potestà esclusiva dello Stato. Il parere nazionale prevale rispetto ad altri interessi pubblici. Il secondo punto è l’obbligo per le Regioni di coinvolgere il ministero per i Beni e le Attività culturali nell’elaborazione dei Piani territoriali, dove riguardano beni paesaggistici, per garantire una maggiore salvaguardia del patrimonio. Soprattutto, si stabilisce il rafforzamento delle Sovrintendenze, a cui spetterà un parere vincolante sugli interventi nel territorio. A oggi è previsto solo un parere obbligatorio, non vincolante.
Ecomondo:In sostanza si tratta di ristabilire una centralità decisionale su questi temi?
Settis:L’obiettivo non è richiamare tutte le decisioni allo Stato. Puntiamo al contrario alla creazione di un sistema di garanzie di tutela anche a livello locale, con la creazione di organismi strutturati, ad esempio Consorzi di Comuni e Province, dotati degli strumenti e delle risorse necessarie alla salvaguardia del paesaggio.
Ecomondo:Oggi, con la caduta del governo, si rischia che la riforma non passi. Perché?
Settis:È una corsa contro il tempo. Il lavoro della commissione da me presieduta è iniziato nel novembre 2006. Abbiamo presentato la prima bozza al ministro Rutelli nel luglio del 2007. Lui ha fatto le sue osservazioni. Inoltre ha consigliato di coinvolgere Regioni, Province, Comuni e alcune associazioni ambientaliste. A gennaio il Codice è stato approvato dal Consiglio dei ministri. Mancano però ancora alcuni passaggi perché diventi legge. Se la bozza non otterrà i consensi necessari entro i primi di maggio, non ci sarà il modo di approvarla in tempi stretti. Anche non volendo modificarla, l’iter diventerà molto più complesso e i tempi tecnici si allungheranno. Così una norma essenziale per la tutela del patrimonio rischia di andare persa per una mera questione di tempo.
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