Cambiamenti climatici
Il clima presenta il conto, per l’Italia è salatissimo: 210 miliardi in 42 anni
Il presidente di Confcooperative, Maurizio Gardini, presenta i dati del del Focus Censis “Disastri e climate change, conto salato per l’Italia”. Minacciata una Pmi su quattro. L'agricoltura paga le maggiori conseguenze. Il Nord-Ovest il territorio più in crisi
di Redazione
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Ammonta a 210 miliardi di euro il conto che i disastri naturali e i cambiamenti climatici hanno presentato al nostro Paese tra il 1980 e il 2022. «Si tratta di un costo pesantissimo, pari all’intero importo del Pnrr e a dieci manovre finanziarie», sottolinea Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative, nel commentare i dati del Focus Censis “Disastri e climate change, conto salato per l’Italia” che certifica come, negli ultimi 40 anni, un terzo del valore dei danni provocati da eventi estremi nella Ue sia stato “pagato” dall’Italia.
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«Di questi 210 miliardi, ben 111 sono determinati dagli effetti dei cambiamenti climatici. Ecco perché la cura del territorio non è un costo, ma un investimento sul sistema Paese. Venendo agli ultimi anni, parliamo di 42,8 miliardi di euro solo dal 2017 al 2022. Nel 2022 è costato quasi l’1% di Pil, lo 0,9% per l’esattezza, pari a 17 miliardi circa: un importo di poco inferiore a una manovra finanziaria. Una Pmi su quattro è minacciata, perché localizzata in comuni a rischio frane e alluvioni, e presenta una probabilità di fallire del 4,8% più alta di quella delle altre imprese, una volta che si sia verificato l’evento avverso».
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Allo stesso modo, queste imprese realizzerebbero un risultato economico inferiore del 4,2% e una dimensione d’impresa, in termini di addetti, anch’essa inferiore alle imprese localizzate in territori non esposti a rischi di frane e alluvioni.
«L’agricoltura è il settore economico che risente di più le conseguenze dei cambiamenti climatici: nel 2022 ha registrato un calo della produzione dell’1,5%, poco meno di 900 milioni di euro», aggiunge Gardini.
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Buona parte del risultato negativo è da imputare alla diffusa siccità e alla carenza di precipitazioni, tanto che il 2022 è considerato l’anno più caldo di sempre. Quasi tutte le tipologie di coltivazioni hanno subìto un duro contraccolpo, in particolar modo la produzione di legumi (-17,5%), l’olio di oliva (-14,6%) e i cereali (-13,2%). In flessione anche ortaggi (-3,2%), piante industriali (-1,4%) e vino (-0,8%). Il comparto zootecnico ha subito una riduzione della produzione pari allo 0,6%. Dal punto di vista territoriale, la flessione del volume di produzione ha avuto una maggiore incidenza nel Nord-Ovest (-3,5%) e nel Sud (-3,0%), mentre al Centro non si è registrata alcuna variazione. Se si guarda al valore aggiunto, la tendenza negativa appare particolarmente evidente nel Nord-Ovest con un -7,6%. Al Sud il valore aggiunto si riduce del 2,9%.
I cambiamenti climatici, come detto, hanno prodotto danni per 111 miliardi di euro, di cui 57,1 miliardi per alluvioni, 30,6 miliardi (14,6%) per ondate di calore e 15,2 miliardi di euro (7,2%) a causa delle eccessive o violente precipitazioni. Siccità, incendi boschivi e ondate di freddo, invece, hanno causato danni per 8,2 miliardi di euro. Poco meno di 100 miliardi sono infine imputabili a terremoti, eruzioni, frane e altri fenomeni geofisici.
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