Sostenibilità

Il clima inquieta gli esperti. Come curare la terra che scotta

L’Europa ha mandato in orbita Envisat. Dalle sue rilevazioni ci si aspetta di capire i fenomeni che stanno cambiando alcune zone del nostro pianeta. (di Elisabetta Corrà)

di Redazione

Un iceberg che si scioglie nell?Antartide potrebbe lasciare il segno anche a Rimini. Non è uno scherzo: per gli esperti se l?immensa distesa ghiacciata dovesse raggiungere il punto di collasso, il livello di tutti i mari aumenterà in media di 5 metri. Intere regioni potrebbero quindi trovarsi sommerse, alcune isole addirittura sparire. Non solo: l?acqua ha un ruolo determinante nella costituzione del clima perché le correnti marine, e quindi l?intera circolazione oceanica, ridistribuiscono l?energia solare assorbita dall?acqua attorno alla Terra. Insomma nel futuro dell?Antartide si gioca il futuro di una buona fetta di mondo. Arriva Envisat Ma ora la British Antartic Survey,l?istituto che studia l?assottigliamento della piattaforma continentale antartica, avrà uno strumento in più per dare qualche risposta a questo grande enigma sospeso sul destino della nostra terra. Si tratta di Envisat, il satellite lanciato dall?Agenzia spaziale europea a marzo con lo scopo di monitorare gli oceani, l?atmosfera e le calotte polari. Envisat con i suoi 10 strumenti (dal radar al laser) fornirà dati precisi su ogni cambiamento. In particolare, attraverso l?altimetro radar sarà anche possibile misurare l?altezza della superficie degli oceani e quindi elaborare modelli matematici molto attendibili sulle previsioni metereologiche, sulle catastrofi naturali e sull?andamento dello stesso Niño (il surriscaldamento del Pacifico iniziato in autunno raggiungerà il punto massimo fra quattro mesi. L?ultimo Niño si era scatenato disastrosamente nel 1994). Anche un grande esperto come Lorenzo Ciccarese, membro per l?Italia dell?International Panel on Climate Change, l?organismo che studia i mutamenti climatici, guarda con ottimismo alle potenzialità di Envisat. «Ci permetterà di rilevare le temperature degli oceani e delle terre e la variazione nell?uso del suolo», spiega a Vita. «Terrà sotto controllo quegli interventi umani che alterano le condizioni naturali del terreno. Perché anche il fatto di perdere un ettaro di terra per costruire un edificio significa apportare una modifica che ha un impatto ambientale». Individuare le regioni in cui la desertificazione è ancora arginabile è una sfida che riguarda la vita di milioni di contadini (la degradazione della produttività biologica delle terre fertili colpisce circa 3,6 milioni di ettari nel mondo). Immagini satellitari hanno già mostrato, per esempio, che una fascia verde (vegetazione, aree agricole, pascoli e boschi) può ritirarsi anche di 200 chilometri se a un anno umido ne segue uno secco. Envisat sarà in grado, grazie a un nuovo tipo di radar e a uno spettrometro a media risoluzione, di descrivere nel dettaglio che cosa avviene al suolo. Spiega ancora Ciccarese: «Se un ettaro di terra viene coltivato secondo tecniche tradizionali non assorbe tanta CO2 quanta ne assorbirebbe se fosse trattato biologicamente, senza uso di erbicidi e pesticidi. Il terreno contiene una microfauna che aiuta a immagazzinare carbonio». Poi c?è la deforestazione che contribuisce per il 20% all?effetto serra. Infatti, le foreste, quando vengono bruciate producono, attraverso gli incendi, anidride carbonica. «Si calcola che ogni ettaro di foresta possa produrre, in questo modo, 100 tonnellate di carbonio», spiega Ciccarese. «Per avere un?idea, oggi vengono deforestati 15 milioni di ettari all?anno principalmente in Brasile, Congo e Indonesia. La protezione delle foreste e la certificazione di sviluppo sostenibile sono le strade più battute nei piani di conservazione degli ultimi polmoni vergini. Per questo sono uno degli argomenti su cui si basa il Rapporto di Kyoto». Kyoto senza confini Un rapporto che è stato ratificato dall?Unione europea lo scorso 4 marzo, che si è impegnata a ridurre dell?8% entro il 2012 l?emissione di gas serra, ma che gli Stati Uniti hanno respinto, presentando il loro ?Kyoto alternativo?, una sorta di invito a comportamenti individuali più etici. In realtà l?ambiente è materia che non conosce frontiere. «L?anidride carbonica, per esempio, è un vero gas globale», spiega Ciccarese. «Si sposta assieme alle masse d?aria attorno a tutto il globo terrestre. Per questo la riduzione delle azioni inquinanti di un Paese che ha aderito a Kyoto possono avvenire anche al di fuori del territorio nazionale, ad esempio aiutando le nazioni in via di sviluppo ad alimentare i propri apparati industriali non con il carbone, ma con combustibili più puliti». Quanto agli effetti del surriscaldamento, Ciccarese non drammatizza, ma non lascia spazio a illusioni. «Il fatto che negli ultimi 20 anni la temperatura sia aumentata è un dato su cui non esistono più dubbi. Ma le variazioni climatiche cambiano da regione a regione. Per esempio, nel Mediterraneo il fenomeno del surriscaldamento è già piuttosto evidente. Prevediamo che qui la piovosità media annuale sia destinata a diminuire, piegando verso un clima molto più secco». Elisabetta Corrà

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