Sostenibilità

Il cibo girovago? Inquina e costa

la battaglia della filiera corta

di Redazione

Primo: riso degli Stati Uniti. Secondo: filetto argentino o brasiliano con vino australiano. Frutta: mango del Perù, uva del Sud Africa o anguria di Panama. Eccovi servito il menù più sprecone (e costoso) che ci sia. Quello che, a causa del trasporto necessario per essere servito sulle tavole italiane, emette gas a effetto serra in grandi quantità. Parola di Coldiretti, che ha stilato la classifica dei cibi meno “sostenibili” d’Italia all’ultimo forum sull’energia a Venezia. Cibi che devono farsi lunghissimi viaggi, anche 10mila chilometri, prima di arrivare da noi, passando da un frigorifero all’altro e subendo vari imballaggi. E pensare che molte di queste leccornie si trovano facilmente anche da noi. Meno male che, da qualche anno, nel Belpaese c’è chi sta cercando di mettere qualcosa anche sull’altro piatto della bilancia: sono i pionieri del chilometro zero, altrimenti detto filiera corta. Da una parte produttori locali di piccola-media portata che si riuniscono in consorzio sperimentando nuove forme di vendita diretta, come i sempre più celebri farmer’s market (vedi sotto), riconosciuti a livello legislativo proprio a inizio 2008. Dall’altra, persone spesso legate ai Gas (Gruppi di acquisto solidale) che uniscono le forze creando una rete locale per far fare meno “strada” possibile a un prodotto, dalla sua nascita al consumo.
Oggi le esperienze a chilometri zero che funzionano sono molte, la maggior parte delle quali nell’Italia settentrionale. Ecco tre esempi virtuosi: Spiga&madia, il progetto della Retina di Gas della Brianza, che permette la coltivazione, produzione e vendita (alle 500 famiglie dei 20 Gas brianzoli) di farina e pane, il tutto in 50 chilometri di raggio. Bio nustran, la filiera corta di prodotti biologici nata a Cremona dal febbraio 2007, che arriva nel farmer’s market cittadino, in alcune mense scolastiche e ristoranti della zona. Infine, dal 2005 è attivo Tra passata e futuro, lo storico progetto del Des (Distretto di economia solidale) di Trentino Arcobaleno, gruppo di volontari trentini: almeno 200 quintali all’anno di pomodori bio commissionati agli agricoltori locali, prima della loro semina, da centinaia di persone della zona. Pane, pomodori e altri prodotti che arrivano sulla tavola anche con il 50% di costo in meno del “normale”, per non parlare della qualità. A questo punto, sentite del peso sullo stomaco? Niente allarmismi. È la lunga digestione della carne brasiliana.


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