Sostenibilità

Il cervello in acqua

di Fulco Pratesi

Da non credere. Nonostante le incessanti critiche al consumo sconsiderato di acqua in bottiglia (di cui gli italiani sono i primi in Europa e i terzi nel mondo dopo Arabia Saudita e Messico), nonostante il successo del referendum per l’acqua pubblica, nonostante le campagne per incentivare l’uso dell’ottima acqua del rubinetto, l’italiano, popolo consumista quanto pochi altri (basti pensare all’abnorme numero di automobili, 700 ogni 1000 persone, record europeo) insiste pervicacemente nello spendere soldi e fatica nell’acquisto di acque in bottiglia.

I dati pubblicati da Altraeconomia e Legambiente alla vigilia della Giornata Mondiale dell’Acqua del 22 marzo, fanno davvero impressione.

Non è riuscita a ridurre i consumi neppure la grave crisi economica in corso che taglia drasticamente consumi un tempo considerati insostituibili: infatti l’italica corsa all’acqua nella plastica non registra rallentamenti. Dai 186 litri a persona l’anno del 2010, i consumi sono passati a 188 litri, il che equivale a più di mezzo litro al giorno..Vi rendete conto di cosa significa in termini di  costi nel bilancio familiare? E la fatica del carreggiamento dai supermercati a casa dei pacchi di bottiglie? E il danno ecologico del trasporto in camion dei trenta milioni di  bottiglie dalle Alpi a Capo Passero per saziare la nostra dissennata mania? E che dire della creazione dal petrolio e dello smaltimento di tali volumi di plastica che in gran parte finiscono  in ormai spaventose discariche?

E questo, giova ripeterlo, in un Paese come il nostro, baciato da Dio per quel che riguarda proprio l’acqua. Grandi complessi montuosi alpini e appenninici ricchi di sorgenti, laghi di ogni tipo,  ghiacciai ancora fornitori di liquido cristallino, , acquedotti  quasi sempre ben gestiti e controllati… Tutto ciò  mentre in Paesi più ricchi, come la Germania, ove si beve l’acqua dei pozzi e la  Francia che attinge a quella della Senna purificata, i consumi di acqua minerale sono minori.

Ma sicuramente ogni appello a comportamenti più adeguati e razionali cascherà nel vuoto. Come del resto gli ammonimenti a ridurre l’uso di alcolici che, complici gli idioti modelli importati dell’happy hour o del binge drinking, sta sempre più diffondendosi. soprattutto tra  i giovani.

D’altra parte, la potenza mediatica  impiegata dai produttori di bollicine nel pubblicizzare il loro prodotto, potenza basata sugli immensi guadagni realizzati  grazie alle alte vendite e ai minimi oneri di concessione pubblica, non lascia ben sperare in prossime resipiscenze dei consumatori.

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