Cultura

Il caso Moretti. Nanni facci urlare

Politica. Ulivo, quel sabato bestiale. Una manifestazione male organizzata e poi il botto del regista. Salutare o distruttivo?

di Ettore Colombo

E’ in piazza Farnese alle 15, l?ho letto sulla mailing list dei Ds!». «Ma che dici?! Mi hanno appena telefonato quelli di Rutelli: si fa a piazza Navona ed è alle 17». Alla fine, la piazza era giusta, Navona, ma l?orario sbagliato: il palco era già pieno alle 16. In programma c?era «la manifestazione per la giustizia» indetta da un gruppo di parlamentari dell?Ulivo il 2 febbraio scorso, a Roma, la manifestazione che passerà alle cronache come quella del primo ciak del nuovo film in presa diretta di Nanni Moretti. Titolo provvisorio, Continuiamo così, facciamoci del male, ovvio. Già, ma la politica, vista dal basso, da sotto il palco cioè, fa sempre un altro effetto, ha un?altra faccia, le voci un?altra eco, soprattutto: ti arrivano diverse, distorte. Persino Alzati che si sta alzando, la canzone popolare, ha stufato tutti, in piazza, non solo il suo autore, Ivano Fossati, pentitosi di aver concesso il copyright all?Ulivo. E vallo a spiegare, a quelli sotto il palco, che è stato Violante a dire no a piazza Farnese: ci abita Cesare Previti e noi che facciamo, gli manifestiamo sotto casa? Dai, pare brutto. Meglio piazza Navona, allora: a Giuseppe Alaya, uno che prima di fare il deputato faceva il magistrato, non gli si poteva fare un regalo migliore. Abita lì: scende, fa due passi, prende un caffè, ed eccolo. Sul palco, s?intende. E sotto il palco? «Cavoli, c?è anche Moretti!». Nel senso dell?ex brigatista? No, nel senso del noto regista. Oggi, a sinistra, di Moretti ce n?è uno solo e fa il regista. Anche di D?Alema ce n?è uno solo, e stava sul palco anche lui. «Mi si nota di più se non vengo o se vengo e mi metto in un angolo?». Nanni Moretti, Ecce Bombo, anno di grazia 1974. Quando la sinistra era la sinistra e il Pci era il Pci, Moretti stava con gli extraparlamentari. Massimo D?Alema, invece, stava con la Fgci. D?Alema c?era per sbaglio Scontrosi e irosi, hanno un brutto carattere entrambi, poco amante di folle e piazze, ma erano venuti tutti e due, quel giorno, non erano rimasti a casa, in un angolo. D?Alema è sul palco, in fondo, anche se dietro Rutelli e Fassino, lontano da Di Pietro. Doveva andare a un dibattito dei Ds sulla scuola, con Luigi Berlinguer: «Massimo, veramente oggi ci sarebbe la manifestazione sulla giustizia dell?Ulivo?», gli ricordano. Va bene, si deve essere detto, stavolta vado. Così si vedrà che non odio i giudici, che anch?io sono contro Berlusconi e gli inciuci, che le so dire anch?io, ?cose di sinistra?. Non l?avesse mai fatto. è stato un calvario. Borbottii e lazzi prima, fischi e urla, poi. A contestare i leader ulivisti, «quelli che passeranno generazioni prima che si rivinca» ma soprattutto lui, D?Alema, responsabile di tutti i mali e di tutti i guai della sinistra, non solo un Moretti teso, nervoso, quasi stravolto (e che solo dopo giorni, in una bella lettera pubblicata da Repubblica, riuscirà a spiegare il perché di quel suo schiaffo), ma anche molti altri. Per esempio, il professor Francesco Pardi da Firenze, ex militante di Potere Operaio, promotore, con lo storico Paul Ginsborg, dei professori universitari scesi in piazza per i diritti dei magistrati (versione senile degli studenti al fianco degli operai). Ma per un Giovanni Bachelet che cercava, pacatamente, di spiegare come «opporsi credibilmente a questo governo vuol dire chiederci chi e dove abbiamo ingannato», dal palco si susseguivano i furori di Paolo Sylos Labini, di Massimo Fini e tanti altri, ben prima dell?intervento di Moretti, salutato e promosso dalla folla eroe sul campo, al punto che, subito dopo il suo improvviso e imprevisto intervento, persino quella faccia di bronzo (e premio Oscar nella categoria ?core ingrato?) di Tonino Di Pietro sbottava: «Basta spararsi nelle palle!». Eppure era questo che voleva, il popolo di sinistra lì presente, lo stesso che si ciba di numeri speciali di Micromega intitolati (viva la fantasia…) «Resistere, resistere, resistere!», di programmi tv cult come Satyricon e l?Ottavo nano, di libri su libri su libri sull?odore dei soldi di Berlusconi. Un popolo composto per lo più da una fascia medio-alta di professionisti, piccoli intellettuali, artisti per vocazione o costrizione, qualche militante di base (pochini), che oggi idolatra Borrelli e Di Pietro («Non tornate indietro?») come ieri osannava Mao Tse Tung e Ho Chi Min, l?ideologo e il generale, che si sente squadra, clan, parte ma non partito, e per cui, come in Palombella Rossa, sono solo «le parole a essere importanti». E poco importa che le invettive filmate di Moretti siano indirizzate a D?Alema o Bertinotti, ai nuovi cafoni o ai giovani vecchi, agli stagionati o ai novelli servi di regime. Lui sì che è un?icona, per questa sinistra di quaranta-cinquantenni che si vede splendida e si autorassicura perché professionalmente, almeno, si sente ?riuscita?. Sindrome di impotenza E che lo vuole urlare al mondo. Proprio come fa Moretti, archetipo e icona di una generazione nata ieri, mal cresciuta e che lei sì «parla male, vive male, pensa male». Autistica, insofferente, impotente. E piena di tanti capetti mancati dei movimenti di quarant?anni fa che non sono diventati leader e che non li possono vedere, i D?Alema. Casomai, accettano i Veltroni. Perché non sono politici, ma registi mancati come loro. Ma «la politica come professione» no, che schifo. Quella sporca, corrompe, deturpa. E la rappresentazione massima dell?eroe politico negativo non sta in un film del Moretti regista, ma in uno dei pochi film del Moretti solo attore: Il portaborse, regia di Daniele Lucchetti. Nanni impersonava il deputato tipo di allora: cinico, freddo, solo. Uno che diceva: «A cosa serve leggere i libri? Basta sfogliare i risvolti di copertina». Ma anche loro, i quaranta-cinquantenni alla Moretti, sono diventati cinici, freddi, privi d?illusioni. Ecco perché si rifugiano in valori in cui non hanno mai creduto, come la famiglia, la spiritualità, persino l?etica del lavoro. Perché la politica li ha delusi, l?impegno è morto, il vuoto è diventato sistema. Resta solo l?urlo. Della propria rabbia. E della propria impotenza.


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