Mondo

Il caso delle stragi in Nord Uganda. L’Italia si muova, può fare molto

Leader e ong in prima linea per l’Africa lanciano la mobilitazione contro le stragi denunciate da Vita. L’onorevole Mantica: "L’Italia farà la sua parte".

di Emanuela Citterio

Possibile che non si possa far nulla? Sono stati in molti a chiederselo, e a chiederlo a noi di Vita, dopo il dossier Le stragi degli innocenti, sulle carneficine perpetrate quasi ogni giorno dal Lord resistence army in Nord Uganda. Abbiamo girato la domanda a esponenti del mondo politico, dei sindacati e della società civile in Italia impegnati per l?Africa. Il risultato? Qualcosa da fare, in verità, ci sarebbe. «Impressionante», è la prima parola di Savino Pezzotta, segretario generale Cisl, mentre sfoglia il numero di Vita. E poi: «Vedete quanto è giusta la mobilitazione permanente sull?Africa, lanciata lo scorso aprile con la manifestazione Italiafrica? Una settimana fa ho consegnato al rappresentante dell?Onu, Marina Ponti, le oltre 70mila firme raccolte dalla Cisl per sollecitare un intervento delle Nazioni Unite in Burundi, dilaniato da una terribile guerra tra bande». «Certo», continua Pezzotta, «credo che questa vostra denuncia chieda una mobilitazione anche sul Nord Uganda. Bisogna premere sul governo e sugli organismi internazionali perché non restino a guardare. E accompagnare la presenza della Chiesa e dei volontari». Un incoraggiamento arriva anche dall?Uganda: «Un?emergenza dimenticata sta diventando finalmente qualcosa di cui si parla», dice Filippo Ciantia, responsabile in loco dei progetti della ong Avsi. «Cosa può fare il governo italiano? Intervenire a livello diplomatico per chiedere una maggiore presenza dell?Onu e della comunità internazionale in Nord Uganda. Fare pressione sul governo ugandese. Sostenere di più i progetti di sviluppo e di aiuto umanitario. Potenziare gli sforzi che la società civile ugandese sta mettendo in campo per risolvere la situazione. Certo l?Italia da sola non può far molto, ma lo può come membro dell?Unione europea. La questione va affrontata anche a livello regionale, perché le crisi di Uganda e Sudan sono collegate (il governo sudanese ha ammesso di aver finanziato la guerriglia nordugandese, e secondo fonti della società civile locale lo starebbe ancora facendo, ndr). L?Italia ha qualche possibilità di intervento perché gioca un ruolo non secondario nei colloqui di pace in Sudan». Giriamo queste provocazioni al sottosegretario agli Affari esteri, Alfredo Mantica che risponde: «Il 3 luglio partirò per Khartoum e Rumbek, rispettivamente nel Nord e nel Sud Sudan, e nell?agenda della mia visita c?è anche la questione Nord Uganda. Il governo italiano tratterà il problema delle stragi compiute dall?Lra sia con il presidente del Sudan, Omar Bashir che con il leader dell?esercito di liberazione del Sud Sudan, John Garang. L?obiettivo è quello di interrompere il sostegno che il gruppo ribelle ugandese ottiene dal Sudan, facendo leva sull?esito positivo degli accordi di pace. L?Unione europea, in fondo, ha messo a disposizione del Sudan 480 milioni di euro come ?premio? per la pace». Intanto, però, nei campi profughi del Nord Uganda si muore di fame. Secondo il Programma alimentare mondiale mancano 50 tonnellate di cibo per coprire il fabbisogno della popolazione sino alla fine dell?anno (a causa delle incursioni dei ribelli sono un milione e 200mila gli sfollati interni, su un milione e mezzo di abitanti). Un?emergenza che per Piergiorgio Da Rold, presidente dell?ong Insieme si Può, impegnata nel soccorso alla popolazione nei campi profughi, ormai richiede l?intervento dell?Onu. «Le Nazioni Unite devono almeno garantire i corridoi umanitari», dice Da Rold. «Tre mesi fa siamo riusciti a portare gli aiuti al campo di Aloi, 30 chilometri da Lira, solo grazie a una scorta armata di 200 militari ugandesi». Da Rold definisce «una scelta coraggiosa» la copertina dedicata all?Uganda: «Quando c?è stato il massacro peggiore, il febbraio scorso, ero in Uganda. Il giorno dopo ho cercato la notizia sui giornali italiani. L?ho trovata in fondo alla pagina di un quotidiano. Un box e un titolo: ?Uganda, uccise 250 persone in un campo profughi?».

Info: Ripartire dalle donne

In Uganda è la donna che sostiene la famiglia e la comunità e il suo potenziale è altissimo, le manca solo la possibilità di ricevere un?istruzione. L?abbandono scolastico, soprattutto delle bambine, raggiunge il 50% dopo la scuola elementare. Le Suore missionarie del Sacro Cuore hanno fondato nel 1975 una scuola secondaria per ragazze nella zona rurale di Lwanga. La scuola è frequentata da orfane che non potrebbero permettersi di sostenere il costo della retta. Le suore hanno chiesto ad ?Aiutare i bambini? di coprire le rette scolastiche delle ragazze, che sono 80, attraverso l’adozione a distanza. Info: tel. 02.70603530 Aiutare i bambini

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