L?ultima relazione del presidente della Consob, Luigi Spaventa (a luglio scade il mandato) ha trovato ampio consenso nella comunità finanziaria.
Per il direttore generale di Bankitalia, Vincenzo Desario è stata un?analisi «brillante». Per il presidente di Mediobanca, Gabriele Galateri di Genola, «centrata». Per il presidente della Fiat, Umberto Agnelli, «da pensare e rimuginare». Per l?ex commissario Consob, Marco Onado, «puntuale nella ricostruzione dei fatti». E l?elenco degli elogi potrebbe continuare a lungo.
Ma cosa ha detto Spaventa per meritarsi un plauso così diffuso? Semplicemente come stanno le cose nell?asfittico mercato finanziario italiano.
Per esempio, citando un?indagine sulle assemblee di approvazione del bilancio 2001 delle prime 50 società quotate, il presidente della Consob ha ricordato che la partecipazione dei fondi di investimento italiani con una quota di possesso azionario vicina al 5% è stata di appena lo 0,5% del capitale sociale e dell?1% di quello presente: come a dire che i fondi hanno, evidentemente, ben altro cui dedicarsi che non controllare che fine fanno i soldi che gli affidano i risparmiatori.
Oppure, che le imprese hanno una sorta di idiosincrasia a sbarcare a Piazza Affari (impegno che comporta il rispetto di rigorose norme di trasparenza) e, se già sono quotate, sempre più spesso preferiscono uscirne (il cosiddetto delisting), al punto che nel triennio 2000-2002 il saldo fra le risorse raccolte con nuovi collocamenti e quelle restituite con acquisti finalizzati alla cancellazione è stato negativo per oltre 8 miliardi di euro.
O, ancora, che l?efficacia preventiva e repressiva del nostro attuale ordinamento per perseguire il reato di insider trading (abuso di informazioni privilegiate) è davvero modesta.
Insomma, declinandolo in alcune delle sue molteplici accezioni, Spaventa ha espresso un forte richiamo all?esigenza che vi sia più etica nella finanza.
Parole buttate al vento? «Disarmanti banalità», come le ha definite con feroce ironia il professor Marco Vitale?
Nei giorni scorsi, un finanziere di vaglia come l?amministratore delegato di Rasfin, Roberto Notarbartolo di Villarosa (a lungo uomo di punta di Mediobanca), ha affermato in proposito: «Le sole leggi e le commissioni, per quanto rigorose, unitamente a multe e arresti non sono sufficienti per ricostruire un tessuto di fiducia. Cresce la convinzione che solo una nuova, forte e diffusa consapevolezza del ruolo cruciale svolto dai valori etici fondamentali per lo sviluppo della società civile potrà favorirne una rapida applicazione a tutti i livelli, specialmente nell?ambito della vita economica».
Forse certi moniti iniziano a non cadere più nel vuoto.
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