Salute
Il campo estivo che insegna ai bambini a gestire il diabete
Aggregazione, confronto e divertimento sono gli ingredienti delle tre settimane di vacanza che l'ospedale di Padova organizza per i bambini con diabete 1 che ha in cura. Un'esperienza che anche la scienza riconosce come fondamentale per imparare ad accettare e gestire la malattia
I campi estivi per bambini con diabete di tipo 1 sono un’esperienza ormai riconosciuta come fondamentale, anche dal mondo scientifico nazionale e internazionale, nel processo di accettazione della malattia. La Diabetologia pediatrica e malattie metaboliche dell’età evolutiva dell’Azienda ospedaliera universitaria di Padova è stata una delle prime Unità operative ad attivarli in Italia, già negli anni ‘70, ispirandosi al modello francese che a sua volta aveva mutuato l’esperienza da quella americana iniziata nel 1925. Durante il campo i ragazzi partecipano ad attività di gruppo pensate per creare dei momenti di aggregazione e di confronto sulle diverse esperienze personali. Sono previste attività sportive, momenti dedicati all’alimentazione e alla spiegazione di quali sono i corretti stili di vita da seguire. Divertendosi tutti insieme si impara a convivere con la patologia.
Al campo la malattia da motivo di diversità rispetto ai propri coetanei diventa ritmo comune a tutti, che scandisce la giornata, dà forza che unisce gli animi e libertà dal giudizio altrui
Carlo Moretti, direttore dell’Unità operativa di Padova
Equilibri da ricostruire
Una diagnosi di diabete di tipo 1 in età pediatrica stravolge gli equilibri di tutta la famiglia. Da un lato genera insicurezza nei bambini dall’altro comporta un lavoro di cura stressante e senza ferie per i genitori. «Mi sveglio continuamente anche di notte per controllare sul cellulare l’app di monitoraggio dei valori della glicemia», racconta Raffaella Pagetta, presidente della Associazione giovani diabetici di Padova e mamma di Alessandro, un ragazzo di 12 anni che cinque anni fa ha ricevuto la diagnosi di diabete di tipo 1. «A influenzare il benessere di noi genitori non è solo la costante allerta ma, anche, la consapevolezza che questa è una malattia che assomiglia un po’ al gioco d’azzardo: non sai mai cosa può accadere e perché. Noi riusciamo a rilassarci davvero solo cinque giorni all’anno, quando Alessandro è al campo scuola per ragazzi con diabete di tipo 1. Sappiamo che lì è monitorato ma, soprattutto, impara a essere autonomo nella gestione della malattia».
Autonomia e autostima
«I campi rappresentano un momento fondamentale nel percorso terapeutico dei bambini e degli adolescenti con diabete di tipo 1», spiega Carlo Moretti, direttore dell’Unità operativa di Padova. «L’attività di gruppo, attraverso l’emulazione, coinvolge anche i ragazzini più reticenti ad accettare la malattia. Si impara a farsi da soli l’iniezione d’insulina, a regolare la propria terapia insulinica in relazione all’alimentazione o all’esercizio fisico, a eseguire diligentemente e con attenzione l’autocontrollo glicemico. Si sta insieme e si apprende in maniera ludica. Il confronto con i coetanei favorisce il superamento della sensazione di isolamento e di diversità. Si impara a gestire il diabete senza la presenza dei familiari e questo comporta un aumento dell’autostima dei ragazzi. Durante la settimana di vacanza la malattia da motivo di divisione e diversità rispetto ai propri coetanei diventa ritmo comune a tutti che scandisce la giornata, dà forza che unisce gli animi e libertà dal giudizio altrui».
Questa è una malattia che assomiglia un po’ al gioco d’azzardo: non sai mai cosa può accadere e perché. Noi riusciamo a rilassarci davvero solo cinque giorni all’anno, quando Alessandro è al campo scuola per ragazzi con diabete di tipo 1
Raffaella Pagetta, mamma
Sono 100 i ragazzi padovani di età compresa tra i 9 e i 19 anni che quest’anno partecipano, a turno, ai tre campi estivi organizzati a Caorle sul litorale veneziano. Ad accompagnarli uno staff sanitario composto da 15 professionisti tra medici, dietisti, infermieri, educatori e tecnici sportivi.
«Il programma», prosegue il direttore, «è pensato per aiutare a migliorare la qualità di vita dei giovani che convivono con il diabete di tipo 1 promuovendo l’autonomia nella gestione dei tutte quelle procedure che sono necessarie per monitorare costantemente i livelli di glucosio e iniettare l’insulina. Ma i campi servono anche all’équipe sanitaria, per comprendere meglio quali sono le difficoltà quotidiane dei ragazzi e quali azioni mettere in campo per aiutarli quando si rientra in città».
Gestire il diabete, giocando
La giornata tipo inizia con la sveglia verso le 7, segue il monitoraggio della glicemia, il controllo dell’insulina, l’attività fisica sulla spiaggia, la colazione e il divertimento in spiaggia. Poi prosegue scandita da momenti di gestione del diabete e attività ludiche alternate. Nel mezzo pranzo, cena e merende.
«Cerchiamo di insegnare ai ragazzi con un po’ di leggerezza la gestione della malattia», prosegue Moretti. «Quest’anno, per esempio, abbiamo organizzato una gara di cucina tra bambini. Un piccolo Master chef che consente di imparare divertendosi qual è l’alimentazione corretta per un diabetico di tipo 1. L’anno scorso, invece, con il gruppo dei più grandi, abbiamo fatto una gara di cocktail analcolici per sapere cosa sorseggiare al bar con gli amici. Questo approccio ai temi sanitari li aiuta a sentirsi uguali ai loro coetanei. Vivere l’esperienza della vacanza con chi è nella loro stessa condizione li fa sentire meno isolati. Il diabete di tipo 1 richiede un costante monitoraggio, che però bisogna rendere meno impattante possibile sulla vita del bambino che deve comunque continuare a svolgere le normale attività della giornata: scuola, sport e amici».
Restare comunque bambini
Una malattia cronica attualmente senza una cura definitiva. Questo è il diabete di tipo 1, che può influenzare profondamente molti aspetti della vita del paziente in età evolutiva. «Cerchiamo di far vivere a nostra figlia la malattia come una cosa normale e ci assumiamo tutta la fatica in termini di stress psicologico che comporta il controllo», racconta Carla Caporello, mamma di Giulia 11 anni, al suo terzo campo scuola, e segretaria della Fondazione veneta terapia cellulare del diabete. «Giulia va a scuola, fa sport, fa i pigiama party con le amiche. Vive la sua vita. Noi la teniamo d’occhio costantemente attraverso la tecnologia. Al campo impara pian piano a essere autonoma. Lo fa in un ambiente reso sicuro dalla presenza dei medici. Questo permette a lei, e a tutti i bambini che partecipano a queste esperienze, di poter poi fare le stesse cose anche al di fuori del campo della diabetologia pediatrica. Acquisire autonomia le servirà per poter partecipare, in sicurezza, alle uscite con la parrocchia, con gli scout e con la sua squadra sportiva».
In apertura i Campi estivi per bambini con diabete di tipo 1 a Caorle (foto Carlo Moretti)
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