Sostenibilità

Il cambiamento climatico colpisce l’Italia. Troppi eventi estremi

Secondo la Società Italiana di Medicina Ambientale dall’inizio dell’anno sono oltre 130 i fenomeni estremi che hanno interessato il nostro Paese. Di qui la necessità di adottare alcuni interventi di prevenzione, a partire dall’adozione del Piano Nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici per contrastare riscaldamento e siccità

di Emiliano Moccia

«Quello che è successo nelle Marche è un evento raro, di difficile previsione, che però rientra negli effetti del cambiamento climatico che sono in grande aumento in Italia, se consideriamo che dall’inizio dell’anno sono oltre 130 i fenomeni estremi che hanno interessato il nostro Paese. Non ultimo, la grande siccità di questa estate. Dal 2010 ad oggi sono stati registrati oltre 1.300 eventi gravi e cominciano ad essere troppi». Alessandro Miani è il presidente della Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima), una realtà nata nel 2015 a Milano per occuparsi di una branca specifica della medicina. Come quella ambientale. Per questo, i ricercatori della Sima studiano le interazioni tra l’ambiente e la salute, e il ruolo dell’ambiente nel causare o mediare malattie. E rilanciano al Governo di prossima formazione di dotarsi quanto prima del Piano Nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc).


L’aumento degli eventi naturali che stanno colpendo il nostro Paese e l’Europa in generale, come l’alluvione nelle Marche delle scorse settimane che ha provocato la morte di 12 persone e numerosi feriti, ha spinto infatti la Sima a tracciare un quadro sulla situazione attuale e su quella futura. Ed i colori che ne escono fuori, sono a tinte piuttosto oscure. «Le temperature sempre più elevate dovute ai cambiamenti climatici fanno accumulare molta energia nei sistemi atmosferici, che si riversa al suolo attraverso fenomeni meteorologici sempre più intensi e frequenti, aumentandone a dismisura la pericolosità» spiega Miani. «A causa nostra nubifragi, alluvioni, trombe d’aria e cicloni in futuro saranno più numerosi e distruttivi. Il bacino del Mediterraneo sarà più interessato ai cambiamenti climatici, perché questa area, con l’Italia esattamente al centro, si sta scaldando maggiormente e più velocemente rispetto ad altre parti del mondo».

Le conseguenze del surriscaldamento dei nostri territori, spinge la Sima a lanciare un nuovo allarme: «L’interesse riguarderà da un lato l’innalzamento dei mari, entro la fine di questo secolo è previsto l’innalzamento di almeno un metro delle acque del mare che andranno ad impattare soprattutto nella parte Nord dell’Adriatico; e c’è tutto il tema legato all’aumento di nuovi insetti vettori, di ondate di calore e molto prolungate nel tempo che questa estate hanno anche causato molti morti in Italia ed in Europa. Questi effetti di calore, ovviamente, si sentiranno soprattutto nelle città rispetto alle aree rurali, ed impatteranno sulle fasce più deboli della popolazione, come anziani o malati cronici di patologie cardiovascolari e respiratorie».

Anche per questo, i ricercatori ambientali lanciano una serie di proposte, che il nuovo Governo italiano farebbe bene a considerare nella sua agenda. «Come prima cosa» evidenzia Miani «chiediamo al prossimo Governo di licenziare un Piano Nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici che oggi l’Italia non ha e non ha nemmeno finanziato. Il documento è presente sul sito del Ministero della Transizione Ecologica 2018, ma è fermo lì. Avere un Piano strategico nazionale significa non dover navigare a vista o rincorrere le emergenze, anche perché il costo complessivo che noi paghiamo per i danni causati dai cambiamenti climatici è nettamente superiore a quello che potremmo pagare per fare prevenzione».

Di qui, la necessità di «rimettere al centro del nuovo programma il rispetto degli Accordi di Parigi sottoscritti dall’Italia e nell’ambito della Zero Pollution e Forest Strategy europee, a cominciare dal lancio di una grande campagna di riforestazione e piantumazione di alberi. In particolare, di specie arboree capaci anche di mitigare l’inquinamento ed assorbire anidride carbonica. Secondo un recente studio americano se in una città è verde per il 40% della sua superficie, nei periodi di grande caldo si può ridurre la temperatura al suolo di meno 8 gradi e questo avrebbe un impatto positivo sulla salute delle persone. E quando non è possibile piantumare abbastanza alberi» conclude Miani «si può pensare all’utilizzo di nanotecnologie, che costano poco ed hanno durata più lunga, di coating fotocatalitici al biossido di titanio a base di etanolo che vaporizzati sulle superfici degli edifici di una città possono ridurre fino al 40% l’inquinamento atmosferico e contribuire così a contrastare le sostanze climalteranti che accentuano i cambiamenti climatici. Perché è quanto mai opportuno contenere l’innalzamento della temperatura entro 1 grado e mezzo, anche se sarà difficile mantenerci tra i 2 o 3 gradi entro la fine del secolo, il che che porterebbe i rischi a livello esponenziale».

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