Cultura

«Il calvario non è ancora finito»

A un anno dal ciclone Nargis che ha sconvolto il Paese il vescovo di Rangoon scrive a vita.it. In allegato il rapporto di Unicef

di Riccardo Bianchi

Un anno fa, il 2 maggio 2008, l’uragano Nargis si abbatteva in Mynmar e devastava la provincia di Ayeyarwady e quella di Yangon.  Oltre ad uccidere 140.000, l’uragano ha causato danni fisici, ambientali e strutturali che hanno coinvolto la salute e stravolto la quotidianità di 2,4 milioni  di persone. Le cifre parlano anche di 800.000 sfollati e di un urgente assistenza umanitaria aggravata dalla distruzione del 50% delle scuole e il 75% delle strutture mediche ospedaliere. Nargis ha anche danneggiato gli acquedotti e varie strutture di approvvigionamento. Secondo la valutazione del Post Nargis  Joint Assessment, l’intensità e la ferocia di Nargis, sono paragonabili allo forza d’urto dello tsunami che nel 2004 ha colpito l’Indonesia.
Il processo di ricostruzione non ha ancora completamente alleviato le condizioni delle comunità colpite. È stata anche una sfida molto dura e difficile per tutti coloro che hanno lavorato per far tornare la vita delle persone alla normalità. 

LA LETTERA DEL VESCOVO

«La sacra Pentecoste 2009 è arrivata. L’anno scorso, a noi di Myanmar, il ciclone Nargis ci aveva inflitto una Pentecoste prematura. In quella tragica notte del 2 maggio 2008una tempesta era arrivata dal mare con un vento mostruoso a 200 km/h e un’onda d’acqua di 12 metri che ha distrutti interi villaggi e portato via almeno 3mila anime. Come se non bastasse, la croce sembrava essere caduta sulle spalle dei sopravvissuti: migliaia di madri erano alla disperata ricerca dei loro figli scomparsi.

Dopo il passaggio di Nargis, come Simone il cireneo la comunità internazionale era arrivata per aiutare a sostenere la croce della nostra gente. La Chiesa, i grandi donatori e migliaia di individui erano stato davvero generosi. Ma dopo un anno, il viaggio al Calvario non è ancora finito. Il gruppo tripartito che gestisce il tutto (il Governo di Myanmar, l’Asean (Associazione delle Nazioni dell’Asia Sud-Orientale), e l’Onu) si è detto dispiaciuto per non avere rispettato gli impegni presi. In migliaia attendono ancora un rifugio, non tutti i bambini sono tornati a scuola, anche perchè non ci sono scuole, e tristemente il tenore di vita di migliaia di contadini non è più tornato ad essere quello di prima del ciclone.

Lo stesso gruppo tripartito ha chiesto ai donatori e alle ong presenti di mantenere un robusto approccio integrato e orizzontale, per far uscire allo scoperto dove si concentrano la mancanza di coordinazione e gli sprechi di risorse attuali. Il problema iniziale dell’accesso ora non sussiste, perchè ora le ong possono arrivare nelle zone bisognose d’aiuto. Le stesse ong dovrebbero riuscire ad essere più efficienti: almeno il 60% delle persone danneggiate continua oggi a vivere in alloggi temporanei. L’encomiabile generosità dei primi tempi deve continuare con la buona cooperazione, per far risorgere la popolazione di Myanmar e ridar loro la dignità perduta.

Governo di Myanmar, Asean e Onu dicono che per recuperare un tenore di vita accettabile si potrebbe dover aspettare ancora due anni. In fin dei conti, per noi l’attacco di Nargis può essere considerato come un’ulteriore stazione della via Crucis. In questo periodo di Pentecoste, ringraziamo ancora una volta chiunque ci ha fatto sentire il suo supporto. Possiate voi tutti essere benedetti, il vostro accompagnamento sta significando davvero tanto alla nostra gente in questo suo lungo viaggio».

Charles Bo, arcivescovo di Rangoon

 

In allegato il rapporto completo di Unicef

Clicca qui per leggere il servizio di Vita Magazine: “Ong a casa per mancanza di fondi”


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