Non profit
Il call center modello che Marrazzo vuole chiudere
Gestito dalla coop Capodarco è in testa alle classiche di efficienza delle P.A.
Il servizio aperto dal 1999, l’anno scorso ha ricevuto 4 milioni di telefonate e gestito 3 milioni di prenotazioni sanitarie. Dando lavoro a centinaia di soci svantaggiati che oggi rischiano il posto. Malgrado la qualità del servizio sia stata riconosciuta perfino dal ministro Brunetta «Non escludiamo di ricorrere allo sciopero generale: lo abbiamo votato in assemblea», avverte Maurizio Marotta, presidente della cooperativa sociale Capodarco che da mesi sta conducendo un braccio di ferro con la Regione Lazio. Braccio di ferro che non esclude il ricorso ai cittadini attraverso una raccolta di firme (www.capodarco.coop). «Contiamo di raccogliere 100mila adesioni, da presentare in Regione ma anche al Presidente della Repubblica, per difendere un’esperienza importante, condotta da alcuni anni, nella gestione del Recup», puntualizza. La sigla sta per Centro unico di prenotazione regionale: un’avventura iniziata nel 1999 per coordinare la prenotazione di prestazioni sanitarie a Roma e poi nel Lazio. Un passo avanti nella semplificazione della vita dei cittadini che oggi possono chiamare un numero e avere un appuntamento per prestazioni anche sofisticate.
Nel solo 2008, il Recup ha ricevuto 4 milioni di telefonate e gestito 3 milioni di prenotazioni. Per di più è un servizio reso da una cooperativa sociale che si occupa di inserimento lavorativo: «Alla Capodarco lavorano 1.800 soci, 650 dei quali sono persone con una qualche forma di svantaggio. I call center e i back office impiegano 950 lavoratori, il 40% svantaggiati», sottolinea Marotta. Che aggiunge: «Ora il loro destino è incerto a causa della Regione». Un’incertezza di lungo corso (due anni e mezzo fa è stata bloccata la gara europea per il rinnovo del servizio, a causa di un’inchiesta nata da un servizio giornalistico nel quale si sosteneva la non trasparenza della procedura; c’è un ricorso al Tar che però ancora non si è espresso). Incertezza alla quale ora il presidente della Regione, Piero Marrazzo (Pd) ha messo la parola fine. Firmando – il 2 febbraio scorso – un decreto che stabilisce l’avvio, entro il primo giugno, di un processo di internalizzazione del call center e di tutte le attività connesse: in pratica, saranno gli impiegati regionali a gestirlo. «L’eventuale deficit di personale», si legge nel decreto, «sarà colmato privilegiando l’inserimento lavorativo di soggetti portatori di handicap» provenienti dalla stessa Capodarco. Che però non ci sta e denuncia il rischio di un pesante ridimensionamento del servizio: «Per processare milioni di prestazioni in un anno servono competenze che non si inventano nei due mesi. La Regione inoltre prevede di impiegare molte meno risorse umane delle attuali, a loro volta già sottostimate rispetto al numero di telefonate in continua crescita», spiega il presidente della cooperativa, che nell’eventuale mobilitazione coinvolgerebbe anche Legacoop e tutte le cooperative del Lazio. A dar manforte a Capodarco, indirettamente anche il ministro Renato Brunetta. Per la “sua” Lineamica, il network di call center che deve valorizzare i servizi erogati dalla pubblica amministrazione, ha posizionato il Recup al secondo posto per efficienza dietro l’Inps-Inail. «Loro hanno 33mila contatti giornalieri, un terzo in più di noi, ma costano 100 milioni l’anno, mentre noi fatturiamo 25 milioni, Iva compresa».
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