Mondo

Il Burundi alla prova del voto

Per la prima dal 1989, data di inizio della guerra civile,, i burundesi chiamati a dare il consenso o meno alla nuova Costituzione

di Joshua Massarenti

In Burundi e’ in corso il voto che dovrebbe ratificare la nuova Costituzione, che mira a bilanciare i poteri tra minoranza tutsi (poco piu’ del 15 per cento della popolazione, ma da sempre di fatto al potere) e maggioranza hutu. Scontata la vittoria del si’, non altrettanto il fatto che con tale voto torni la pace nel Paese, squassato da un decennio di guerra civile, che ha causato circa 300.000 morti, ed oltre un milione di profughi. Cio’ su una popolazione totale di 6,5 milioni di persone. In realta’, il principale gruppo di guerriglia hutu ha firmato la pace, alla fine del 2003, e -seppur lentamente- le sue milizie si stanno sciogliendo: parte tornando alla vita civile, parte entrando nei ranghi dell’esercito regolare. Ma un altro gruppo hutu ancora combatte (ed e’ molto radicato nelle colline intorno alla capitale Bujumbura), anche se sembra ci siano in corso colloqui segreti col governo. Ci sono, inoltre, anche piccoli gruppi estremisti tutsi che si oppongono alla nuova Costituzione. La proposta costituzionale al vaglio dei cittadini prevede che ai tutsi vada il 40 per cento dei seggi parlamentari, ed il 60 agli hutu. Divisi a meta’, invece, i seggi al Senato, e la rappresentanza nelle forze armate. E’ la prima volta che il Burundi va alle urne dal ’93, quando fu eletto Melchior Ndadaye, un hutu, presidente della Repubblica. Duro’ poco: soldati tutsi lo assassinarono, e da allora il Paese piombo’ nella guerra civile. Alla fine del ’99 ci fu un’intesa politica che coinvolse i partiti hutu e tutsi: prevedeva poteri bilanciati ed a rotazione. Ma i gruppi di guerriglia hutu non la accettarono, e continuarono la ribellione. Il voto odierno dovrebbe accentuare l’isolamento delle frange di irriducibili, gia’ di per se’ ormai marginali, seppur ancora in arme.

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