Non profit

Il buon viaggio è una questione di phon

Allargare l’offerta a un pubblico nuovo o stare con i duri e puri? Dentro Aitr si è aperto il confronto tra due linee di pensiero. Divise da un accessorio... (di Daniela Verlicchia).

di Redazione

Turisti o viaggiatori? Il viaggio come prodotto o come esperienza? Entrare nel grande mercato o rimanere una nicchia? Sono i temi al centro del dibattito che sabato 7 ottobre ha infiammato gli animi dei partecipanti al Forum italiano del turismo responsabile organizzato dall?associazione che raduna questi operatori, l?Aitr . Sarà stato forse per la presenza di un rappresentante del ?demoniaco? Astoi (l?associazione dei tour operator italiani che comprende, tra gli altri, Ventaglio, Alpitur, Turisanda…) o perché da tempo si parlava di far entrare in Aitr anche aziende profit (con un?ipotesi di modifica statutaria, poi divenuta realtà), fatto sta che uno dei temi più dibattuti è stato il rapporto tra il turismo responsabile e l?industria turistica. Ma perché parlarne proprio ora? A spiegarlo è Francisco Guzman di Pindorama: «Ultimamente il Sud America va molto ?di moda?: è un continente ricchissimo e non ci sono Al Quaeda o tsunami che scoraggiano il turismo. Perciò può capitare che qualcuno ?finisca? nei nostri viaggi, senza sceglierlo». E qui sorge il problema, secondo Guzman. O l?opportunità per crescere, secondo altri. Il ?boom? del turismo responsabile ha infatti radicalmente modificato il dna dei viaggiatori responsabili (ormai solo più ?turisti? che viaggiatori, secondo Guzman): da persone ideologicamente orientate all?esperienza del viaggio come conoscenza di realtà del terzo mondo, a comuni turisti che pretendono gli stessi standard di qualità offerti da tour operator tradizionali. «Nei nostri viaggi», spiega Guzman, «è necessaria una capacità di porsi nei confronti dei Paesi del Sud. Basterebbe poco, anche solo che non pretendessero il phon in camera in un villaggio indios». Innescata la bomba, è esploso quello che in seguito è stato ribattezzato «il dibattito del phon» che ha visto schierarsi da un lato i tour operator ?storici? – Pindorama, Planet, Viaggi e Miraggi – e dall?altro chi si occupa di turismo responsabile da meno tempo e in maniera non esclusiva, come Cts e WWF. «Ormai viaggiano tutti. In quell?unica settimana, 10 giorni di vacanza hanno bisogno anche di rilassarsi, dormire su un letto comodo e svagarsi», spiega Micaela Salinas del Cts. «Dobbiamo tenerne conto. Il turismo non potrà mai essere sostenibile al 100%: manteniamo la nostra identità ma rimaniamo nell?industria turistica». «Ho la sensazione», ribatte Stefano Landi di Fiavet, la Federazione delle agenzie di viaggio, «che i tour operator si stiano stringendo gli uni agli altri come naufraghi sulla loro scialuppa. E il turista responsabile possa trovare proposte anche là dove un tempo veniva ignorato». Cioè da chi gli dà un po? di etica, ma certo non gli nega il phon. «Non vogliamo dare l?idea di essere dei puri e duri», contrattacca Guzman, «ma non vogliamo nemmeno ri-organizzare i nostri viaggi in funzione di questo tipo di turismo. Per inseguire un guadagno economico, si rischia di snaturare il prodotto». E se il segreto stesse semplicemente nel preparare i turisti alle condizioni di viaggio che troveranno? è l?idea di Elisabetta Freuli del WWF: «Stiamo cercando di ampliare il nostro target di clienti: proponiamo viaggi anche a famiglie o a bambini e ragazzi. Così possiamo ragionare in termini di educazione al turismo responsabile. Certo, in questi casi è essenziale la definizione degli standard dei servizi». Come dire, chiudiamo un occhio sulla voglia di phon.

Daniela Verlicchia

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