Welfare

Il buon senso è no global

Un documento ufficiale del Wto decreta la vittoria dei paesi poveri e dei no global nella battaglia sull'accesso ai farmaci nel Sud del mondo

di Carlotta Jesi

Il diritto alla salute vale più di un brevetto farmaceutico. E questa volta ad affermarlo è un documento col timbro ufficiale del Wto, che decreta la vittoria dei Paesi poveri e dei no global nella battaglia per l?accesso ai farmaci nel Sud del mondo. Scritto nella notte fra l?11 e il 12 novembre, durante il quarto vertice dell?Organizzazione mondiale del commercio di Doha, dichiara in maniera inequivocabile che «niente, negli accordi del Wto sulla proprietà intellettuale, può impedire ai Paesi membri di prendere misure che garantiscano la salute pubblica». E cioè, per intenderci, che niente può impedire di produrre farmaci generici anche ignorando i brevetti che li proteggono, o di importarli da Paesi poveri che li vendono a prezzi più bassi di quelli imposti dalle multinazionali in caso di emergenze nazionali. Emergenze come l?epidemia di Aids in Sudafrica, o quelle che fanno morire ogni anno 14 milioni di persone perché non possono permettersi le medicine prodotte in Occidente. Sono i numeri di un?ingiustizia che la storica decisione del Wto dovrebbe in buona parte cancellare. A Doha, infatti, i Paesi industrializzati hanno accolto le richieste di una coalizione di Paesi in via di sviluppo, capeggiata da India e Brasile, che minacciava di far fallire il summit se non si fosse votata una nuova interpretazione della legge sui brevetti.
A pochi giorni dall?inizio del vertice, tuttavia, Brasile e compagnia avevano poche carte da giocare. C?erano, è vero, le vittorie messe a segno quest?anno, ovvero il ritiro delle 39 aziende farmaceutiche dal processo di Pretoria contro il governo del Sudafrica e il clamoroso dietrofront degli Stati Uniti che a gennaio avevano trascinato il Brasile davanti a una commissione disciplinare del Wto. E c?era, soprattutto, la speranza che quattro morti di antrace in America, e la paura di non avere abbastanza Cipro per curarlo, avessero ammorbidito la posizione degli Usa sui brevetti.
Nei primi due giorni di summit, in realtà, il negoziatore americano Robert Zoellick ha dimostrato di essere disposto a fare solo concessioni parziali. Prima ha proposto ai 49 Paesi meno avanzati di postporre il termine ultimo per uniformarei gli accordi sulla proprietà intellettuale: dal 2006 al 2016 (un punto poi comunque affermato nel documento finale). Quindi ha promesso alle nazioni dell?Africa subshariana che per cinque anni il Wto non avrebbe intrapreso alcuna azione legale nei loro confronti, nel caso avessero cercato di procurarsi farmaci salvavita a basso costo. Ma la proposta ha ottenuto l?effetto contrario: i Paesi africani si sono schierati dalla parte del Brasile. Come ha fatto anche la Cina, appena entrata nel Wto. Risultato: spaventato da un possibile fallimento del negoziato, il fronte dei sostenitori dei brevetti ha ceduto e Usa, Giappone, Canada e Svizzera hanno raggiunto un accordo sul diritto alla salute.
Quando chiudiamo questo numero, l?accordo è in bozza (scaricabile da www.wtowatch.org) e i Paesi poveri devono decidere se accettarlo. Ma per le organizzazioni della società civile è comunque una vittoria. E per la prima volta dalla parte dei no global si è schierato anche il Vaticano: «La proprietà dei brevetti è un problema urgente e per essi non può valere il principio della proprietà privata, ma quello della proprietà sociale», ha detto monsignor Javier Lozano Barragan, ministro della Sanità della Santa Sede.

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