Ucraina e dintorni

Il bullismo di Lukashenko: minacce, missili e migranti

Il dittatore di Minsk, legato a doppio filo a Vladimir Putin, ammassa truppe sul confine ucraino per tenere sotto pressione Kyiv, invia armi in Azerbaigian facendo arrabbiare gli armeni, è pronto a usare i flussi migratori come minaccia verso Bruxelles

di Paolo Bergamaschi

La buona notizia è che Aleksandr Lukashenko, pochi giorni fa, ha annunciato la liberazione di una trentina di prigionieri politici, la maggior parte dei quali in urgente bisogno di assistenza medica; la cattiva notizia è che nelle carceri bielorusse rimangono a marcire altre 1.300 persone detenute per ragioni politiche e che per loro non si intravede alcuna via di uscita imminente. L’altra cattiva notizia è che la Bielorussia ha concentrato un numero significativo di armi e personale al confine con l’Ucraina compresi alcuni ex mercenari del Gruppo Wagner.

Anche se il dittatore di Minsk ha minimizzato lo spostamento di truppe nel tentativo di abbassare la tensione rimane il fatto che, nel febbraio del 2022, il territorio bielorusso è stato utilizzato dall’esercito russo come trampolino di lancio per l’invasione dell’Ucraina e che la Bielorussia tutt’ora ospita unità dell’esercito di Mosca, oltre a testate nucleari tattiche.

Con questa mossa, di fatto, l’Ucraina è costretta a mantenere lo stato di allerta al confine bielorusso impegnando forze che potrebbero essere utilizzate in altre zone del fronte con la Russia. Un ulteriore aiuto più o meno indiretto da parte di Minsk, quindi, allo sforzo bellico di Vladimir Putin.  

La Bielorussia, d’altronde, fa parte dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva – Otsc, l’alleanza militare che vede la Federazione Russa come capofila. Anche l’Armenia, come il Kazakistan, il Kirghizistan e il Tagikistan, è membro dell’alleanza ma la sua presenza è sempre più vacillante dopo la decisione del governo di Erevan di sospendere, in pratica, la partecipazione.

Gli armeni? Si arrangino

«Chi ha bisogno degli armeni? Nessuno, che si arrangino», ha dichiarato recentemente Lukashenko nel corso di un’intervista deridendo la piccola repubblica del Caucaso meridionale. I manifestanti che nei giorni scorsi protestavano davanti all’ambasciata bielorussa a Erevan rinfacciavano a Lukashenko anche l’invio di armamenti all’Azerbaigian durante il conflitto del Nagorno-Karabakh nel 2020. In quell’occasione l’Armenia si aspettava il sostegno degli altri membri dell’Otsc che, però, non è arrivato.

«Qual è la logica di appartenere a un’alleanza militare che non garantisce e protegge la sicurezza dei propri membri?», è stata la domanda che si sono posti a Erevan che, da allora, ha congelato la sua presenza. Contemporaneamente le autorità armene hanno intensificato il dialogo con l’Unione europea prospettando un possibile percorso di integrazione.

Fra Mosca e Bruxelles

Per molti anni, in passato, era stata la Bielorussia a barcamenarsi fra Mosca e Bruxelles ma dopo le elezioni presidenziali farlocche del 2020, che hanno visto la popolazione scendere in piazza in massa per protestare contro le palesi frodi del regime, Lukashenko ha impresso un’ulteriore svolta repressiva al Paese accelerandone l’integrazione con la Federazione Russa con la quale costituiva già dal 1996 un’unione statale. Innumerevoli sono stati gli accordi siglati fra Lukashenko e Putin che contemplano programmi settoriali e l’adozione di una legislazione comune. Di fatto, in modo strisciante, la Russia si sta annettendo la Bielorussia. Gli autocrati si cercano, si annusano e si frequentano anche se non si fidano mai, fino in fondo, l’uno dell’altro conoscendosi specularmente. Nel corso di un’altra intervista Lukashenko ha accennato anche ad una nuova possibile crisi migratoria agitando lo spettro di quanto si è verificato nel 2021 ai confini con Polonia e Repubbliche Baltiche.

Migranti come bombe umane

Più che una velata minaccia. Trasportare e usare i migranti come bombe umane che irrompono alle frontiere per destabilizzare i paesi vicini è un’arma impropria della guerra ibrida mossa dalla Federazione Russa all’Ue, con la Bielorussia fedele pedina della strategia del Cremlino. Aleksandr Lukashenko non ha ancora confermato la sua candidatura per il settimo mandato consecutivo alle elezioni presidenziali previste il prossimo anno (nota bene: è al potere dal 1994). Possibile che si scelga un prestanome ritagliandosi un ruolo da burattinaio dietro le quinte mantenendo il pugno di ferro.

Nel frattempo continua con i suoi bluff per disorientare i vicini. Il 24 agosto l’Ucraina ha celebrato la festa dell’indipendenza. Guardando a quello che accade in Bielorussia si intuisce perché gli ucraini stanno strenuamente lottando per un futuro diverso.  

La foto in apertura è di Dmitri Lovetsky per AP Photo.

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