Formazione

Il Brasile si tiene stretta la pistola

Referendum sulla legge di Lula contro la commercializzazione delle armi da fuoco: ha vinto la paura. E la sensazione che così restavano armati solo i banditi. E i ricchi

di Redazione

dal nostro corrispondente da San Paolo

Domenica 23 ottobre il Brasile ha vissuto un?esperienza inedita per la sua storia: gli elettori sono stati chiamati alle urne per partecipare a un referendum popolare su un tema specifico, la commercializzazione delle armi da fuoco e delle munizioni. Dei 92 milioni che hanno partecipato, 59 (il 63% del totale) hanno optato per il mantenimento della legislazione attuale, che permette la vendita di armi, e solo 33 milioni (appena il 36%) ha votato per la proibizione. L?astensione è stata del 20%, una quota fisiologica dal momento che il voto è facoltativo per i giovani dai 16 ai 18 anni e per gli anziani over 65 e obbligatorio per tutti gli altri. La vittoria del No ha sorpreso gli analisti per l?ampio margine. In agosto, infatti, i sondaggi mostravano che la proibizione delle armi aveva l?appoggio del 70% dei brasiliani, ma la proiezione si è praticamente rovesciata durante il periodo di propaganda elettorale obbligatorio su radio e tv, quando i due fronti hanno presentato i loro argomenti, pro e contro la commercializzazione delle armi. Il fronte del Sì Curiosamente, il fronte che ha sostenuto la proibizione contava sull?appoggio della maggior parte dei leader politici di rilievo del Paese: dal presidente Luiz Inácio Lula da Silva al suo avversario alle elezioni del 2002, l?attuale sindaco di São Paulo, José Serra, passando per i candidati alla presidenza nel 2006, Anthony Garothino del Pmdb e il governatore dello Stato paulista, Geraldo Alckmin, tutti hanno annunciato il loro Sì per la proibizione del commercio delle armi. Anche il ministro della Giustizia, Marcio Thomaz Bastos, e altre autorità del governo Lula hanno manifestato pubblicamente un?opinione favorevole al referendum. Di contro il fronte che appoggiava il commercio delle armi era formato da parlamentari di scarso rilievo, legati direttamente alla lobby dell?industria delle armi. Naturalmente il fronte pro armi contava sull?appoggio dei rappresentanti in parlamento delle varie forze di polizia che operano nel Paese. Se il prestigio politico di ognuno dei blocchi fosse stato un indicatore della volontà popolare, la bilancia avrebbe dovuto pendere dalla parte di quanti difendevano la proibizione delle armi. Il punto è che, domenica 23 ottobre, è accaduto il contrario. Le prime analisi per interpretare la virata dei Sì verso il No tengono conto di diversi fattori che hanno agito congiuntamente. In primis i sondaggi di agosto non hanno messo a fuoco la questione veramente in gioco. Interrogati se erano a favore o contro le armi, i brasiliani hanno risposto che erano contro, ma questo non significava che fossero anche contro la vendita delle stesse. Insomma, nei primi rilevamenti il voto per il Sì è stato sovrastimato. In secondo luogo, la propaganda elettorale del fronte che difendeva la vendita delle armi è stata molto più azzeccata di quella del blocco che ne combatteva il commercio: l?argomento fondamentale del No era che la fine della vendita delle armi lascerebbe armati solo i banditi, il che, unito all?estrema inefficienza delle forze politiche e di polizia, ha causato un certo panico e una sorta di ribellione in buona parte degli elettori. Nel frattempo, la propaganda del Sì non si avvicinava in nessun modo agli elettori tipo, bensì mostrava solo artisti e personalità importanti che appoggiavano il divieto della vendita di armi. Alla fine si è creata nelle zone più popolari l?idea che la proibizione avrebbe beneficiato i più ricchi, dal momento che possono mettere sotto contratto guardie di sicurezza private che hanno il porto d?armi assicurato, poiché rientrano nell?elenco delle persone esentate dai divieti previsti dalla nuova legislazione, permettendo loro l?acquisto e il possesso di pistole e fucili. 108 morti al giorno Oltre a questi, c?è un altro motivo che vede nella vittoria del No un voto di protesta contro l?inazione del governo, non solo nazionale, ma anche regionale e comunale, nel settore della sicurezza pubblica. Secondo il ministero della Salute, 39.325 persone sono morte per colpi d?arma da fuoco nel 2003, una media di 108 morti al giorno, un numero superiore a quello che si verifica nella stragrande maggioranza dei Paesi oggi in guerra. Infine, non bisogna tralasciare un altro aspetto: in alcuni Stati brasiliani, come Rio Grande do Sul, Roraima e Acre, la cultura favorevole alle armi è così inserita nel quotidiano della popolazione che le percentuali del No al referendum hanno superato ampiamente l?80%. In conclusione, il referendum mostra che, nonostante le critiche sul costo di queste elezioni (circa 175 milioni di euro), la democrazia brasiliana funziona e comincia a sperimentare meccanismi di consultazione popolare che, finora, erano stati usati solo a livello locale e su tematiche direttamente collegate alla forma di governo. La settimana Onu Un milione per il disarmo Istituita in occasione della sessione speciale sul disarmo dall?Assemblea generale nel 1978, la Settimana Onu per il disarmo inizia ogni anno il 24 ottobre, anniversario della nascita delle Nazioni Unite. Gli Stati membri sono invitati a evidenziare il pericolo della corsa alle armi, a propagandare la necessità di una riduzione e a incrementare la comprensione pubblica del disarmo come scelta di campo. Dal 1995 l?Assemblea generale ha invitato la società civile a essere parte attiva della Settimana sul disarmo. Quella di quest?anno, in particolare, precede la seconda Conferenza Onu sui traffici illeciti di armi leggere in tutti i suoi aspetti, che si terrà a New York nel luglio 2006 e durante la quale la campagna ControlArms intende presentare un milione di firme affinché sia adottato il trattato internazionale sul commercio di armi. www.disarmo.org di Luiz Antonio Magalhaes

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