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Il Brasile privatizza il suo petrolio e ne vende il 60% a cinesi, francesi e olandesi ma che non si dica a nessuno

di Paolo Manzo

Ieri c’è stata l’asta di oro nero più grande della storia

Asta per modo di dire dal momento che non c’è stato nessun rilancio e che si sapeva già che a “vincere” sarebbe stato l’unico consorzio che ha partecipato

La cosa è più grande di quanto non si pensi

15 miliardi di barili di petrolio, il doppio delle riserve di greggio della Norvegia, un’enormità

Nel consorzio le quote sono le seguenti: 40% a Petrobras (statale brasiliana) il restante 60% diviso in 3 quote da 20% tra Shell, Total e cinesi

L’offerta, ça va sans dire, è stata la più bassa possibile non essendoci concorrenti

Scontri fuori tra polizia e manifestanti contrari alla vendita del petrolio brasiliano a multinazionali straniere e alla privatizzazione

In serata discorso tv della presidente Dilma per dire che quella di ieri non è stata una privatizzazione

Poteva evitare la negazione dell’evidenza

Come definire una concessione per 35 anni a Shell, Total e cinesi del più grande giacimento al mondo in cambio di 9 miliardi (il 60% appunto, 6 li dovrà sganciare Petrobras, al 40%) dopo un’asta solitaria?

Una volta ci si batteva anima e corpo invocando la fantasia al potere, oggi impera l’ipocrisia

Va bene che nel 2014 si vota e Dima doveva il suo negazionismo astratto a quelli che si oppongono a quanto avvenuto ieri, ma bene sarebbe continuare a chiamare pane il pane e vino il vino

Ipocrisia al potere

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