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Il Brasile che va al voto ha fame di progetti per i poveri
A due giorni da un'elezione presidenziale cruciale, Lula propone il ritorno alle politiche economiche di 12 anni fa ed è in testa a tutti i sondaggi mentre Bolsonaro scommette sulla continuità e nega che ci siano poveri che chiedono l'elemosina fuori dalle panetterie. A spiccare, però, è la vaghezza dei programmi di entrambi e gli insulti, pesantissimi, che si scambiano ormai ogni giorno. Intanto la fame aumenta, con 125 milioni di persone per cui mangiare è un problema.
di Paolo Manzo
A due giorni da un'elezione cruciale per il Brasile, il presidente di estrema destra Jair Bolsonaro e il candidato del centro sinistra Lula – in testa a tutti i sondaggi e che il 1 gennaio 2023 dovrebbe tornare al Palacio do Planalto – si sono scontrati sulla rete Globo in modo feroce, al limite del farsesco. Ieri notte Bolsonaro ha definito il suo rivale un "bugiardo", un "ex detenuto" e un "traditore della patria”, Lula ha replicato che è lui "il più grande bugiardo” e che "dovrebbe guardarsi allo specchio e vedere il disastro del suo governo e il suo paese impoverito”.
Al di là dei toni furiosi e delle accuse pesanti (“è una menzogna dire che ho creato un'organizzazione criminale", ha detto Lula a Bolsonaro ricordandogli invece "le malversazioni di cui sono accusati i tuoi figli, i furti nel Ministero dell’Istruzione e la mafia che ha cercato di approfittare della vendita dei vaccini contro il covid”), la posta in gioco il prossimo 2 ottobre è enorme, in quello che è il più grande e ricco paese dell’America Latina.
Dopo due anni di pandemia il Brasile dovrebbe concentrarsi su come ridurre l’enorme differenza tra ricchi sempre più ricchi ed poveri, che aumentano a ritmi preoccupanti. Certo, quest’anno l’inflazione è scesa all’8.73%, le previsioni per il 2022 parlano di un valore di crescita del PIL tra 2,9% e il 3,25% e la disoccupazione è scesa al 9,1%. Dati positivi ma è esploso il lavoro informale per 13.1 milioni di brasiliani che rappresentano il 39.8% della forza lavoro ed è proprio questo dato che spiega perché nonostante la ripresa il paese sia in emergenza alimentare.
Oggi 33 milioni di persone, il 15% della popolazione, vivono in condizione di grave insicurezza alimentare secondo i dati della Rete Brasiliana di Ricerca in sovranità e Sicurezza Alimentare. In totale, sommando anche coloro chi si trova in condizioni di insicurezza media e lieve, sono 125 milioni i brasiliani per cui mangiare ogni giorno può essere un problema.
“La crescita economica non ha neanche sfiorato la parte povera della popolazione" spiega José Graziano da Silva, ex direttore generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Alimentazione e l'Agricoltura (FAO) e ex ministro per la sicurezza alimentare del primo governo Lula. "Non c'è stata una riduzione vera del prezzo del cibo se non per i prodotti stagionali di frutta e verdura e per la carne ma a causa delle restrizioni di esportazione. Chi è povero oggi in Brasile non riesce ad avere accesso al cibo come dovrebbe”.
E proprio il tema della fame è uno dei punti cruciali di questa campagna elettorale. In un'intervista alla radio Jovem Pan Bolsonaro ha dichiarato che “sì, le persone stanno male in Brasile ma qualcuno ha visto la gente chiedere pane alle cassa delle panetterie?”, attirandosi critiche di tutti, con in testa ong e chiesa, visto che ci sempre più persone che vivono in strada e chiedono l'elemosina per mangiare. Lula ha fatto invece uno dei punti chiave della sua campagna elettorale il voler mettere cibo nei piatti dei brasiliani. Del resto, l’ex presidente dei poveri nel suo primo mandato creò il programma Fome Zero nel 2003, che in appena 10 anni fece uscire il Brasile dalla Mappa della Fame. Un programma che influenzò così tanto la formulazione degli obiettivi del Millennio che, successivamente, nell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile l’obiettivo numero due è stato chiamato “Fame Zero.
Tuttavia, i tagli alle politiche pubbliche degli ultimi due governi (Temer e Bolsonaro), la soppressione del Consiglio Nazionale di sicurezza Alimentare e Nutrizionale e del Ministero dello Sviluppo Agricolo che concentrava le azioni di appoggio all’agricoltura familiare, hanno fatto retrocedere il Brasile ai dati di oggi. “Bisogna che la lotta alla fame sia la priorità assoluta – spiega Graziano che oggi è direttore dell’Istituto Fome Zero. Il paese ha bisogno di un nuovo programma, una sorta di Fome 2.0 che combatta non solo la fame ma anche la malnutrizione. Le classi più povere e i bambini hanno bisogno di un programma di emergenza, a partire dal cibo scolastico che spesso rappresenta per loro l’unico pasto della giornata”.
Dal dibattito di ieri, tuttavia, Bolsonaro e Lula sembrano però più concentrati ad insultarsi che su cosa fare in concreto per migliorare questa drammatica situazione. Lula è stato criticato per non aver presentato un programma di governo dettagliato. Il team della sua campagna elettorale ha inviato un documento al Tribunale elettorale superiore (TSE) in agosto, come richiesto dalla legge, ma in 21 paginette fornisce appena un quadro generale delle promesse e si fonda sulla difesa della democrazia contro l’autoritarismo di Bolsonaro. Dal canto suo il presidente in carica ha inviato al TSE un documento di 50 pagine, più dettagliato ma che si concentra quasi esclusivamente sulla difesa della sua eredità e sulla critica al rivale.
Secondo gli analisti il motivo di questa è che Lula vende la proposta di ritornare alla tranquillità e alla politica economica di 12 anni fa, mentre Bolsonaro, già a Planalto da quasi 4 anni, non deve nemmeno promettere nulla, perché i brasiliani sanno già cosa vuole continuare a fare.
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