Non profit

Il boom di Kony 2012 preoccupa Amnesty

di Ottavia Spaggiari

Si rincorrono sul web le critiche che hanno fin dall’inizio accompagnato “Kony 2012” (www.kony2012.com), la campagna della non profit americana Invisible Children che non solo si preannuncia essere la “social media campaign” dell’anno ma, visto il clamoroso e immediato successo, ha scritto una nuova pagina nella storia del viral marketing globale. Basata su un documentario diretto dal regista e co-fondatore dell’organizzazione, Jason Russell, “Kony 2012” è nata per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla questione dei bambini soldato, e per mobilitare il governo americano nella caccia a Joseph Kony, il ribelle ugandese a capo del gruppo di guerriglia armata Lra – Lord’s Resistance Army, che per oltre vent’anni ha commesso violenze gravissime contro la popolazione civile, riducendo oltre 30mila bambini in schiavitù.
In pochissimi giorni il documentario ha ottenuto più di 40 milioni di visualizzazioni e numerose celebrity hanno appoggiato la campagna. Le informazioni divulgate dal documentario risultano però fuorvianti e le sue finalità poco chiare. L’Lra infatti non si troverebbe più in Uganda, e il governo Usa si è già impegnato per la cattura di Kony inviando, fin dallo scorso ottobre, un centinaio di consiglieri militari per dare supporto all’esercito ugandese.
Amnesty International ha espresso preoccupazioni per le ulteriori operazioni militari che potrebbero scattare in seguito alle pressioni che una campagna di questa portata potrebbe innescare. Secondo il giornalista ugandese Agelo Izama, la vera priorità nel Paese in questo momento non sarebbe la cattura di Kony, ma lo sviluppo di progetti di assistenza per gli ex bambini invisibili, quelli che negli anni più terribili della guerra civile cercavano rifugio nelle strade di Gulu per sfuggire all’Lra, e che adesso vivono in condizioni di povertà estrema.

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