Premessa di dovere verso chi legge: questo post è di parte. D’altronde, trattandosi di un blog, non ha l’obbligo dell’obiettività dell’articolo giornalistico (che poi è il bello di scrivere su un blog). Tutto questo per dire che è un piacere scrivere su una iniziativa nuova di zecca, fatta apposta per chi si occupa di no profit, e che non vedo l’ora di poter vedere dove porterà. E poi è di parte perché, finalmente, sono riuscito a fare una bella chiacchierata con uno che si presenta così: “dico a chiunque di aprire un blog, per il resto sono piuttosto normale”. In pratica, questo blog parlerà (e farà parlare l’inventore) di un blog (ve lo avevo detto che era di parte, no?).
Concedetemi però un piccolo excursus storico e una breve riflessione sulla narrazione. Così come è successo al rock dopo il pop e l’hip hop, con la diffusione di facebook, twitter e instagram profeti di ventura ed esperti veri hanno analizzato, predetto e decretato la morte dei blog. E in parte è vero: la spinta propulsiva dei primi anni duemila si è andata via via affievolendo man mano che i vari cinguettii e i “mi piace” prendevano piede. Nell’ottobre 2012 facebook ha superato un miliardo di utenti attivi ogni mese (fonte Facebook). Sempre più utenti (o meglio dire, persone) usano Google+ o Twitter. Per non parlare dell’ascesa di Vine. A ben guardare i numeri però il blog non è proprio morto del tutto: solo su wordpress i blog (le piattaforme) sono oltre i 60 milioni, oltre i 97 milioni di blog su Tumblr.
Insomma: se ne facciamo una questione numerica al paragone con i social network non c’è storia, ma il blog non è morto. Sono solo aumentati gli strumenti. Quello che resta comune con tutti gli altri strumenti è la narrazione, la voglia di raccontare e di condividere storie, sentimenti, immagini, stati d’animo. E non è un caso che il primo blog sia nato subito dopo quello che negli Stati Uniti è stato chiamato, a partire dal 1995, “the narrative turn”, ovvero la svolta narrativa che ha conquistato le scienze sociali (1997, Usa, il primo blog racconta le storie di Jorn Barger, un cacciatore americano).
“Innumerevoli sono i racconti nel mondo”, scriveva Roland Barthes: dai griot ai digital storyteller l’arte di raccontare storie è sempre stato uno strumento per condividere valori sociali, ma anche un’arma potentissima di persuasione del marketing. Una tecnica sempre troppo poco usata dal no profit, sempre più abusata dal management e dalla comunicazione politica. Vince chi lo sa fare meglio. Anche la comunicazione sociale ha successo e produce effetti se è fatto bene, come ricorda Andrea Volterrani in questo video girato per Avis: “si può fare cultura della donazione di sangue attraverso la comunicazione”.
E allora torniamo al motivo di questo post: BlogForCare Meyer. Sabato 16 febbraio un gruppo di blogger racconterà la donazione di sangue dall’Ospedale Pediatrico Meyer di Firenze. E lo faranno con una donazione sangue vera e propria. Ecco perché ho chiesto a Mattia Marasco, quello che dice a chiunque di aprire un blog e che ha creato BlogForCare, di raccontarmi il suo progetto.
Cosa si può raccontare con BlogForCare?
Si può adattare a qualsiasi realtà no profit, è proprio questo il suo scopo: convogliare la popolarità dei blogger per promuovere associazioni di volontariato, onlus, realtà sociali in difficoltà o semplicemente dare il buon esempio. Quello che faremo al Meyerin particolare vuole far capire che donare il sangue è una buona abitudine, è semplice, non è pericoloso, non fa male ed è un dovere civico.
Perché e in che modo lo storytelling può essere “utile” al sociale?
I blogger hanno un capacità di raccontare storie che si adatta perfettamente al linguaggio della rete: ecco perché lo storytelling può funzionare anche in questo caso. In particolare i travel blogger sono abituati a descrivere in maniera emozionale le strutture turistiche o i luoghi che visitano. Applicare lo stesso approccio a realtà no profit può servire a farle conoscere ad un pubblico molto più ampio facendo capire lo straordinario lavoro che portano avanti ogni giorno.
Il profit ha capito da prima il valore e l’importanza dello storytelling: perché il sociale è sempre in ritardo?
Probabilmente perché nella nostra società il profitto è uno delle motivazioni più forti a fare sempre meglio. Sì è vero il sociale su molte cose è in ritardo, ma può recuperare in poco tempo e imparare usufruire dei molti strumenti forniti gratuitamente dalla rete per raccontarsi ed educare la società. Educazione Digitale ad esempio è un altro progetto che nasce a Firenze, indirizzato principalmente al mondo scolastico ma pensato anche per tutte quelle realtà di volontariato e no profit che hanno bisogno di formazione gratuita su questi temi.
In che modo il racconto online può avere effetti sul mondo reale, tangibile?
Il racconto online dà luogo principalmente a due meccanismi: il primo è il racconto in tempo reale, cioè la possibilità di conoscere a distanza una storia nell’esatto momento in cui sta accadendo, vivendo le stesse emozioni di chi la osserva, in questo caso i blogger. Il secondo è la produzione di contenuti che rimangano disponibili a lungo termine sul web attraverso i motori di ricerca, contenuti che quindi continuano a raccontare la propria storia anche molto tempo dopo.
Dici a tutti di aprire un blog: perché?
Perché il blog è uno strumento gratuito che serve per raccontare se stessi, nasce come canale di “racconto del sé”. Ti permette quindi con pochissime spese ed energie di presentarti al mondo, stringere rapporti e trovare nuovi contatti. E’ uno strumento assolutamente versatile : ant’è che si adatta perfettamente anche alle esigenze lavorative dei professionisti e delle aziende diventando un biglietto da visita estremamente potente. Puoi avere tutto ciò gratuitamente: non vedo il motivo per non approfittare di una simile opportunità.
Quindi il blog non è morto?!
Il blog non è assolutamente morto, esiste già da più di dieci anni e per adesso dimostra di essere il social media (perchè di questo si tratta se ci si pensa bene!) più longevo e strutturato. A differenza degli altri social media che senza alcun dubbio sono meno impegnativi e più socializzanti il blog permette una strutturazione diversa del dialogo online. I pensieri, le notizie e le riflessioni possono essere argomentate e approfondite e soprattutto non muoiono in poche ore come ad esempio succede su Twitter e Facebook. Il post di un blog rimane vivo a lungo e la conversazione a cui ha dato vita può prolungarsi persino negli anni restando sempre disponibile online per chiunque voglia parteciparvi.
Ecco: avete capito perché questo post è di parte?
P.s. Se non lo avete capito e se sabato 16 febbraio siete a Firenze lasciate stare per un attimo i racconti e le promesse dei faccioni su giornali, tv e web e iniziate a scrivere un blog, raccontate e partecipate. Oppure inventate anche voi un BlogForCare che magari fa bene e si sta meglio.
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